Pègaso - anno IV - n. 9 - settembre 1932
374 c. DEL0ROIX, 1 miei canti e la mente più nitidi li trova per quella vista che dentro si accende, che senza velo le immagini rende e della stessa oscurità si giova. Dolce guardare in sé per rivedere, come in un'acqua limpida e profonda, le cose che non sembrano più vere, riapparse in una luce così monda, a una tale distanza, da temere di contemplarle sulla opposta sponda. È la chiave di tutti questi Canti. Né l'autore avrebbe potuto scriverne di più suoi. Poesia sofferta, c'è bisogno di dirlo ? Leggete i sonetti che cominciano L'ultima volta che mi son veduto e A un tratto ebbi il so– spetto delle mani; e quello dedicato alla madre, che contiene questo squallido autoritratto: uno strazio ra1JVolto in U,11, lenzuolo. Bisogna trovarsi molto vicini alla santità per toccare, malgrado tutto, la sublime rassegnazione spirante da questo libro. Catarsi, dicevo. Balenato appena il sospetto delle mani : senza sapere di averle perdute, feci davanti a me dei gesti vani Io fui assalito da terrori insani di antiche colpe su di me cadute e mi sovvenni di giorni lontani, delle preghiere un tempo ripetute. Sentendomi vicino a disperare io feci l'atto delle mani" giunte .... Però lo spirito è già oltre la presunta espiazione e puri<fkazione, già sulle soglie della liberazione, dal momento che, dietro occhi per sempre suggellati, occhi interni possono anc6ra sorridere, e quest;altra sciagur:1, trovare a se medesima di questi compensi: e se potessi guardarmi alla spera forse ne proverei qualche amarezza, perché ho serbato in me da quella sera il viso della prima giovinezza. L'ultimo sonetto può aprirsi anc6ra sconsolatamente: Vita è rim– pianto d,i gioie 'frerdute; ma dal modo come l'onda commossa, che se ne genera e s'incanala giù per le quartine, sfocia, placandosi nelle terzine con non so che vastità d'estuario_ tranquillo, senti essere scritto anche per questo martire, nel Paradiso dantesco : Fede è sustanzia d,i cose sperate. PIERO NARDI. BibliotecaGino Bianco
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