Pègaso - anno IV - n. 9 - settembre 1932

364- E. Giovannetti questa pellicola, ispirata dal romanzo celebre del .Soèholoff, che narra la storia del cosacco che si occidentalizza attraverso la guerra e la ri– voluzione, trovate le ·solite virtuosità impressionistiche del montaggio russo: ma ai balenii dell'impressionismo s'alternano quadri descrittivi, pieni di satirica vena, in cui par di riconoseere la mano della Preobra– censkaia, la « donna che ride» del cinema russo, austero, come tutta l'arte sovietica, sino alla tetraggine. La regista del Paese del peocato sa anche dare del resto, un'inimitabile espressione cinematogra,fica alla ' . . sensualità primordiale, alle fatalità della carne. Iromzzatnce amara, del costume, la Preobracenskaia sa presentarci in questo Don silenzioso un idillio fluviale, pieno di pagana freschezza. Anche in questa pellicola la parola interviene poco e quasi sempre con valore corale. Era qui, direi, la più alta lezione che ci venisse dalle due opere russe : parola discreta, quaisi simbolica, e musica panteistica, uscente, attraverso cose ed animali, dal gorgo dell'azione. Il sonoro– parlante, ch'è per tutti gli altri popoli una barriera fra il cinema e l'arte, è pei russi vita sinfoniale delle cose. Il cinema russo è l'unico che si ,sia già arricchito col suono e con la parola e che abbia trovato la essenziale musica cinematografica. I tedeschi avevano opere ben diverse di carattere e di valore. Natu– ralismo manieroso e tecnicismo brillante s'intrecciavano in Das blaue Licht di Leni Riefenstahl e Bela Balazs, una leggenda dolomitica confu– samente poetizzata in una ,stupenda fotografia. Villaggi e viuzze alpestri con figure che ricordavano quelle del pittore Egger Lienz: un pittoresco troppo ,studioso per il cinema, troppo pittoresco. Non si riusciva ad immaginare quale fosse in questa pellicola la parte di Bela Balazs eh' è il più fine teorico del cinema tedesco. I teorici ridotti alla pratica non fanno mai una gran figura neppure nel cinema. Più divertente di Das blaue Licht era D'er Congress tanzt di E. Cha– rell, appartenente ad un curioso genere di .storicismo operettistico: un'opera da grosso pubblico in realtà, con qualche felice momento, messa insieme soltanto per dar risalto a Lilian Harvey che, appena risaltata, è stata rapita dagli americani. E anche più divertente Das Lied einer Nacht, un'operetta messa insieme dal regista Rabinovitsch per il tenore polacco Kiepura, con un successo d'italianità canora e di sole meridionale. I tedeschi hanno creato con queste operette kiepurane un italiano cOS!Illopòlita da « bel canto», che, in pieno Novecento, fa risorgere d'improvviso Metastasio e il rococò. La sola cosa assolutamente originale che i tedeschi avessero portata a Venezia era Miidohen in Uniform di Leontiua Sagan. L'originalità è, per intenderci, non nel genere che appartiene alla documentarietà pole– mica del cinema russo, ansioso di rivelare la perfidia corruttrice degli istituti dell'antico regime. Con Miidchen in Uniform i tedeschi hanno voluto fare nient'altro che un documentario polemico contro una « Stiftung » caratteristica dell'antico regime: contro un collegio fem– minile che accoglie le figlie orfane, nobili quasi sempre, degli ufficiali prussiani e le educa con una severità soldatesca. Leontina Sagan ha voluto dimostrare come quest'educazione ferrea, che non tiene conto alcuno degli impulsi segreti della psiche femminile, possa condurre a BibliotecaGino Bianco

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