Pègaso - anno IV - n. 8 - agosto 1932
138 D. Valeri Q:uesta poesia dilettantesca, - di Larbaud e !li Morand, porta un cuore ferito e dolente; ed è per questo che può qualche volta essere poesia, semplicemente. Max Jacob, Léon Paul Fargue, Jean Cocteau: sono certamente i tre nomi più degni dli stare accanto a quello di Valéry. Ma sia ,.aggiunto subito che con Valéry nessuno d'ei tre ha nulla da spar– tire, e che tra loro si somigliano fino a un certo punto soltanto. Comune a tutti tre un acuto e quasi smanioso senso della realtà da cogliere, da, predare, e la netta coscienza che non basta trasfe– rire la cosa bruta nella parola per possederla, ma bisogna, al modo di Rimbaud, penetrarne, per virtù di sentimento e dli fan– tasia, l'anima segreta. « La poesia, - dice Cocteau, - imita una realtà di cui il nostro mond'o non possiede che l'intuizione)). Bi– sogna dunque, come appunto insegnava Rimbaud, se faire voy(l/11,t : tener viva e desta in sé la d-ivina anima puerilis, che non soffochi sotto la lucid'a cappa della ragione o s'addormenti nel ritmo uguale della vita quotidiana. E bisogna lasciarla parlare quanto più pos– sibile da sé, cod'esta anima dell'anima. Dove Valéry ammonisce il poeta a restar bene sveglio, Cocteau (e io credo che in ciò s'accor– dino con lui anche Jacob e Fargue) gli consiglia di tener aperto un occhio solo. Il mondo poetico di Jacob è popolato di visioni, anzi appari– ~ioni angeliche e demoniache, nel significato più comune d'ella p:;i,rola; pieno di un immenso mistero che talvolta sembra sul punto di svelarsi alla religiosa anima che lo scruta. Leggiamo un fram– mento, stupendo, dli J ardin mystérieuw : .... J'attends ! j'entends croasser Ies grenou,illes. J'attends ! j'entends le sifflet des crapauds. On a rampé sous les larges feuilles des citrouilles. J'attends ! j'entends tomber des gouttes d'eau. Le palmier nain défend avec ses lances · An jour trop clair d'approcher deux poiriers. Qui donc a ri dans le soir qui s'offense. On a chanté. Ce doit etre les menuisiers. O vie! O mort ! O mystérieuse terre. . Que cacbes-tu que révèlent le's soirs. De quel trésor es-tu la trésorière ! O vie ! O mort ! où sont tes réservoirs !.. . Altrove, Jacob gioca, ironico e tenero, con i fantasmi del suo cuore, senza spegnere :r;nai l fervore onde li ha suscitati. . Sempre s_erio, invece, è Fargue, presso che negato all'ironia, disposto anzi, senza vergogna, alle lacrime. Passano nel suo diario poe~ico,_ che ~o~to somiglia a quello di Rilke, pallidi volti dli lon– tam e d1 morti, m una tragica lumeggiatura d'ultima sera; s'odono BibliotecaGino Bianco
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