Pègaso - anno IV - n. 8 - agosto 1932
S. Qu ASIMono, Oboe sommerso 249 quell'idea della trista natura, della nemica natura di quell'uniforme informe, e qualc?sa a, u~ punto che fr~na~ e l'~?md come la pietra ad as.pettar la sua vicenda, 11 lento ~oto dei m1llennu. Ma vi è spenta anche la sofferenza (o resta una sterile pena), e una musica sorda consola l'intelligenza impoverita. La quale talora si commuove nei ricordi. Non che ne nasca nulla di pieno e continuato, un'onda di canto. Quei ricordi spiccano sulla pagina, COJ1!e già nella mente, inespressi, in un mare di sensazioi;ii; e aiuta il risalto l'arte di Quasimodo, quella sua macerata freddezza. La sorte degl'ingegni .aridi ! La voce del cuore non sg9rga ma si raggela in immagini. ' forse il suo paese. forse la sua terra. 'Vicolo: una croce di .case che s~ chiamano piano ..., Pianure dove lo· zolfo era l'estate dei miti immobile ..., Isola mattutina : riaffiora a mezza luce la volpe d'oro uccisa a una sorgiva, il nulla dell'infanzia favolosa. Eoco, le parole non stanno più per pompa, non gridano, ma disadorne, piane, appena indolite, piacciono e per– suadono. E valeva la pena lasciare tutto ciò che faceva ressa nel primo libro, il ricco -çlelledeterminatezze, l'arioso non suo di certe strofe, gli indugi descrittivi fino al prosastico dei «capitoli)), per arrivare a toccare anche solo questa momentanea ricneazione e sublimazione del particolare; va– leva la pena lasciar perdere tante espressioni, miracolo, parad1,so, in– fimito, eterno, .cielo, stelle, luce, per ,suggerirle, senza parere, e tutte in una volta, secondo la propria forza, in un'immagine; come fa la poesia, che tutto fa .. GIUSEPPE .DE RoBERTIS. UGo GHIRON, Poesie (1908-1930). - Sandron, Palermo, 1932. L. 15. Ho l'impressione che Ugo Ghiron abbia mantenuto, a questa ricca scelta da precedenti S'llOivolumi di ver,si, l'ordine cronologico. Certo, co– minciando a leggere, ho ritrovato qui il buono e l'ottimo del primo di que' volumi, il quale risale al 1908, e .sùbito dietro quanto c'era di meglio nel volume immediatamente ,seguente, ch'è del 1913. C-Osemolto lodate dalla critica d'allora, dal Donadoni, da Giosuè Borsi; ma che a me suggeriscono l'imagine d'un pianista, il quale mettendosi allo strumento faocia sentire, prima, delle arie sullo stile di questo o quell'altro maestro. Poi regaJerà tempi e sonate sempre più suoi. Fi– nisce il concerto, e ve n'andate con nell'orecchio motivi i quali vi ri– conducono nella memoria un temperaimento, mentre lì per li v'eravate creduti dinanzi a un virtuoso d'altrui esperienze. - "bliotecaGino Bianco
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