Pègaso - anno IV - n. 8 - agosto 1932

A. P .A.NZINI, La sventurata lrminda 241 mente, su lei l'atrabile che lo faceva nemko dei genere umano e l'in– colpò, con pittoresche frasi e rabbiosi bons mots, d'aver mandato al– l'ultima malora la nobile casa dei Gozzi. Il giudizio che dato il tem– p~ramento di_ Carlo, 3:vrebbe. dovuto solle!are la più legittima suspi– cione, passò 1mvece dritto dritto alla -storia: e si udirono i dotti più cautelosi ·e plumbei, pigliandoselo di bocca l'un l'altro, ripeterlo tal quale, come coscienziose macchinette. Cosi fu che Irminda restò fa– mosa, non tanto per i suoi versi, quanto. per la sua conclamata « pin- darica' amministrazione». · · Ora, all'improvviso, si fa avanti Panzini, ed esige la riapertura del processo, .e domanda la cassazione dell'iniqua sentenza. Poiché nes– suno ha dimenticato il patetico successo dell'avvocato illustre nella c:ausa ,Santippe, tutti stanno in orecchio, in attesa dell'arringa; che sarà certo un altro capolavoro di dialettica sentimentale e fantasiosa, e ,spremerà dagli occhi più secchi lacrime abbondanti, come quelle che abbiamo pianto tutti, da bennati coooodrilli, su l'ombra scapigliata della donna di .Socrate. ' M&,che avviene invece ? Avviene che il difensore comincia a rac– contarci di sé, di quand'era .scolaro di ginnasio-liceo nel convitto Fo– scarini a Venezia; e dei ,suoi professori, che facevano un gran parlare di virt~; e della bionda Santa, Caterina che stava su l'altare della cappella, e somigliava, più che alla virtù, a quelle altre belle bionde sbirciate furtivamente dai convittori, durante le pas-seggiate in squa– dra, sulla Riva degli Schiavoni. Poi nel discorso I entra il corteo delle poetesse italiane, ordinato in forma d'antologia da,lla Signora Jolanda De Blasi, poi Gasparo Gozzi (e anche Irminda), poi Tommaseo ina– cidito per un ingorgo di virtù, poi le dame veneziane della fine della Repubblica, - maliarde, ma « lievi come il loro parlare» ; - e, via via, Gaspara Stampa, le stelle del cinematografo, le signorine moderne, gl'istituti di bellezza, i poetj. d'un tempo e quelli d'oggi; e ad ogni passo la virtù, o la Virtù, dubitabile cosa e simbolo problematico. Di tempo in tempo anche Irmirida, si: ma soltanto quando occorre, e fa comodo, come mezzo di tl'.ansizione da un tema all'altro, o pretesto a portare il discorso su- quel che sta, di volta in volta, a cuore dell'av- vocato. _ O veramente .sventurata Irminda ! Per una volta che le è ca,pitata una fortuna, ahimè anche questa va a .finire in una mezza disgrazia. Infatti è chiaro : Panzini aveva voglia di narrare certi casi della ·Sua propria fanciullezza, oltre che di predicare le sue consuete moralità, ed ecco, s'è servito di lei, Irminda, per intrecciare insieme racconto e predica su la trama d'un tenue mito, che può essere, anch'esso, simbolico: il romanzo d'una povera diavola, doppiamente virtµosa, come donna e come lette– rata, e maltrattata da iutt_i, in vita e in morte. Insomma, su tutt'altl'o piano di rapporti, il difensore viene a trattarla quasi allo stesso modo di quel distrattone del marito; chf'., certo, le voleva bene, ma intanto .... Una vera scarogna, come si dice qui da noi. . Qual'è dunque, se non Irminda, il proprio .soggetto del libro? L'ho già- accennato, mi pare : tra il continuo andirivieni delle figure e delle idee, c'è una idea~figura che sta ferma; ed è quella della virtù. La virtù è la protagonista vera del racconto : ne occupa il centro, in piena 16. - Pègaso. BibliotecaGino Bianco

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