Pègaso - anno IV - n. 8 - agosto 1932
240 A. ALEARDI, Le più belle pagine -------------- sulta,ti, per tutta, lai poesia aleardiana. Poiché, nel mantenere immuta,ti i •suoi pregi e i suoi difetti, fu l' Aleardi, più di altri del suo tempo, come forse il Carrer o lo stesso Prati, veramente, e singolarmente, costwte. La sua poesia, dalle: Lettere a Maria al Monte Oircello, dalla Viola di Valpolicella al Triste dramma, ebbe sempre gli stessi ecces,si ,di calore e le ,stesse, inesplicabili, frigidezze; una nota alta, - come ben dice H Momigliano, - o luminosa o impetuosa, e una smorzata, o velata, o ab– bandonata. Quello che rimane dell' Aleardi, anche noi col Momigliaino dobbiamo concludere, è « una forma vuota e qualche buon frammento». Da questa S<)elta delle pagine migliori, che il Citanna ha eseguita con sic:uro in– tuito e -con esatta intelligenza dell' Aleardi, il poeta veronese si presenta, nella parte :meno caduca dell'opera sua, ·quella che ancor oggi, al gusto e alla sensibilità dei moderni cultori di poesia, può dare, se non il brivido dell'eroismo, di cui sarà più tardi, e non sempre, capace il Car,duoci, qualche commozione .si.nce,ra e qualche visione di bellezza, non immor– tale, ma tuttavia duratura. Le pagine di prosa scelte dal Citanna, ci mostrano a, sufficienza l' Aleardi l!Omo e profes,sore : capace, come al principio di questa nota si disse, dei più nobili sentimenti, nei quali fu sincero ed esuberante; colto e dotto, se non originale e non sempre acuto, di quella solida dot– trina e cultura, che rese possibile l'avvento della nuova letteratura, così cara a Francesco De Sanctis. GLAUCONATOLI. ALFREDO PANZINI, La sventurata Irmf!n,da. __._ Mondadori, Milano, 1932. L. 10. Questa Irminda, chi non .sapesse, è la pastorella d'Arcadia Irminda Partenide, o-ssia la poetessa veneziana Luisa Bergalli, nata d'umile casato nel 1703, morta contessa Gozzi nel 1779. Sventurata perché ? Diremo in breve. Giovinetta, e giovinotta, ebbe applausi, lusinghe e sorrisi quanti poteva desiderarne, come colei che « con le sue poetiche fatiche aggiungeva al suo sesso molto di lustro e di ,splendore » (cosi il Giornale dei letterati italiani, alla data 1727) ; né in mezzo a ta,nti fumi perdé la testa, ma restò una brava puta de casa soa, finché andò sposa, ormai trentacinquenne, al conte Gaspa.ro Gozzi, più giovane ,di ben dieci anni. Pare che fosse anche, se non bella, graziosa. I guai vennero dopo, naturalmente: tutta una vita di fati– cosa miseria, con la quale lai poveretta iroontò, •senza mai perdersi d'animo, i precoci trionfi poetici e l'a tarda ventura amorosa. Fu lei che, traducendo dal francese, con mano diurna e notturna, romanzi e commedie e trattati enciclopedici, tenne su una casa chè crepava e sfondava sotto il peso dei figli, in numero di cinque, e dei debiti, senza numero; mentre il malinconico Gasiparo smarriva i sentimenti dietro ad altre donne e sermocinava in ver,si e difendeva Dante in f ' ' . prosa, e avoleggiava in versi e in prosa,, molto moralmente e con ele- ganza tra classica e venezievole. Ma la disgrazia più grossa le toccò dopo morta, quando il .suo caro cognato Carlo, dettando le Memo.rie f:nutili, sfogò anche, e ,special- Biblioteca Gino Bianco
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