Pègaso - anno IV - n. 8 - agosto 1932

238 A. ALEARDI, Le più belle pagine care all' Aleavdi, il lettore stupisce di trovare· un « conceit », - come dicono gl'inglesi, - leopardiano reso con un verso bellissimo, della più pura marca del recanatese. Le « dolci cose cotidiane » : .... quasi presago che verran tra poco Giorni più tristi. ... Fia ricordarle nma.ramente onro. Né, come si vedrà più avanti,· è questa la s.ola suggestione leopardiana, che sia dato rinvenire nell'Arnalda. La, narrazione di tutto l'episodio tooca, qua e là, una bella evi den2ia 1 ma diresti che manchi al poeta l'intima commozione del narrar.si , e la bellezza fredda di tanti versi dà più l'impressione d'un sap iente art ificio, che del naturale svolgersi della poesia. Così si spiega l'uniformità degli accenti dell' Aleardi, che restano tuttavia superficiali, e privi di una chiave che ne determini la tonalità. Per questa mancanza di vita intima, i vari quadri che il poeta ti presenta, tu li vedi ·pittoreschi, sì, ma im– mobili, e la vita non vi cir:cola, si che statica appare dove più l' Aleardi s'•è ,sforzato di renderne il movimento. Non ,c'è una continuità d'azione, ma un susseguir.s,i di scene, incatenate. Le rotture, per entro le quali si dispevde l'unità di concezione di questa poesia, che pur in tanta verbo– sità rasenta, per la sua compostezza tutta stilistica, l'alessandrinismo, sono rese più evidenti, nell'Arnalda, dallo affiorare improvviso di im– magini, che non avrebbe certo disdegnate l'autor dell'Adone: e più avanti : Per cento vele biancheggiante sega L'Issico seno .... .... la galea ti parve Oimitero natante in mezzo all'acque. Né vanno immuni da retorica gonfiezza, - ed è questo forse, il di– fetto che falsa i due terzi della poesia dell' Aleardi, - gli abbandoni al lirismo, che non. è, nel veronese, mai puro, perché risente della presenza sentimentale del poeta, che non sa prescindere da .sé, - qui l'Imbriani aveva ragione ! - ma è sempre in mezzo alle cose, e le turba. Le albe e i tramonti dell' Aleardi, che pur fanno pensare, talora, alla « .fatal quiete » foscolia,na, o all' « onde del greco mar .... », come in questi versi: Un tramonto sul mare! Oh! Com'è bello Il sol che nelle immense acque .discende ti lasciano freddo, e n·on ti penetrano,· come in Fo,scolo, « le secrete vie del cor soavemente», poiché tqrba già la quiete quell'esclamazione con– citata. Sicché tu non sai se devi guairdare al poeta, che cosi fanciulle– scamente si estasia, o a, quel sole, che è pur così piccino sulla vastità delle « immense acque». A~trove, invece, è facile scoprire il semplice gioco a freddo, manierato e decisamente romantico. Sia il tèma prediletto la donna e il verone: Col sen posato ad un veron che odora Dal soggetto giardin, una sembianza Di non mortale creatura appare ..., BibliotecaGino Bianco

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