Pègaso - anno IV - n. 8 - agosto 1932

Gli atomi e le stelle 227 pate~tà, di. un. caposti pi~ gorilla. Qua,lcuno 1 al più, preforiva risalire a de~ progemtori molluschi; ma queste e~a1;1-o mezie di dettaglio che non toglievano nulla alla seducente suggestività, della ipotesi darviniana. Non c'era forse che Thom_as Carly_le, al di fuori dei teologi, che prote– stasse aHora con parole di fuoco, m nome del più alto idealismo etico contro quella ch'egli chiamava. (identificandola sopratutto con la Fran~ eia) « the new diabolical school »_; e all'uomo bestia il vecchio scozzese contrapl?oneva, con intuizione luminosa e con ferrata dialettica, l'uomo eroe. Ma oggidì le seoperte scientifiche sono andate, come s'è notato, troppo innanzi; il progresso delle ricerche di laboratorio, l'accumularsi di dati e di osservazioni, il ritmo delle vertiginose conclusioni e delle nuove ipotesi, l'applicazione dei risultati sperimentali, tutto questo s'è accelerato oltre ogni previsione ed oltre ogni_ vantaggio. Oggi gli uomini sono travolti da una grandine di nozioni e di fatti scientifici slegati e caotici, che trascende la nostra imaginativa ed anche n nostro stesso interesse, e che ci impedisce di afferrare un briciolo di verità certa. Quando 1Sir James Jeans, per tornare all'illustre astronomo col nome del quale abbiamo iniziato queste noterelle, ci assicura che le di– stanze fra le più lontane stelle della via lattea e le nebule più pallide nel cielo vanno calcolate in billioni di anni-luce, e che invece di sei zeri se ne devono aggiungere dodici e così via, noi sentiamo che questa scienza dell'immensamente grande sfugge ad ogni possibile appiglio della nostra mente, finisce col non avere più alcun interesse pel profano, ci sentiamo indiffe_renti e distaccati e, semmai, ci si assidera, in una cruda speranza di cieca barbarie. La stessa vacuità risulta dalle nozioni che ci vengono dall'infinitamente piccolo. L'onesto atomo, l'inscindibile per definizione, non è più che una carcassa che si disfà e si trasforma, in modi inaspettati. Par di tornare all'universo di Leucippo e di Democrito « che il mondo a caso pone» ; alla tempesta degli atomi agglomerati concursu quoda,m fortwito. Sennonché a queste teorie cosmiche che potevano pur suscitare l'ispirazione d'un Lucrezio Caro, sono succedute oggi le orgie di calcoli e di computi astratti che l'uomo della strada considera con mal celato smarrimento e quasi con terro-re. E intanto l'uomo è sempre lo stesso o muta con impercettibile slit– tamento geologico; e le scienze umane si dibattono nella delusione e nell'amarezza dei propri insuccessi, e perdono il passo e restano distan– ziate. Conosciamo vita e miracoli delle più smunte stelle della via lattea, ma non comprendiamo l'animo del nostro vicino, gli orientamenti psi– cologici dei popoli, dei gruppi, degli individui. L'elemento umano, che è la misura di tutte le cose, resta oscurato dalla rapinosa predominanza delle forze astratte della fisica, della tecnica, delle scienze meccaniche. La più parte delle risorse dell'u:rnanità, materiali ed intellettuali, va nno ad intensificare questa produzione tecnica; che nessuno può arresta.re né dominare, s'intende, se non forse sovvertendo tutto l'edifi cio sociale e morale del mondo. Qua-lcuno sostiene cb.e questo unilaterale progresso scientifico sia una specie di valvola di sicurezza e serva ad incanaJare le forze esplosive del romanticismo moderno. Il filosofo Whitehead osserva che la scienza assorbe oggi tutte le aspirazioni e le ispirazioni. degli BibliotecaGino Bianco

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