Pègaso - anno IV - n. 7 - luglio 1932

Tra.rnontana 73 essere nella storia. Paesaggio tutto dantesco, dalle marmoree vette dentate delle Apuane, giù pei valloni ardui e orridi che digradano in Lunigiana o a Carrara, :fino agli ultimi borghi turriti sui colli più umili e verdi, da cui lo stupito viandante conosce il tremolare glauco della marina, Dante è nell'atmosfera, nel colore delle vege– tazio:µi e delle rocce, nel profilo compatto dei castelli, nelle sagome più lontane, che mai non hanno illusione od equivoco; sembr·a che il pensie:vo creativo di un uomo abbia voluto cosi questa scena, non romantica, nòn allusiya, grandiosa ma non fantastica, en9rme e tuttavia umana, satura dli storia eppure solenne come una verità rivelata: il pensiero di un uomo, e non sapremmo immaginare un simile uomo che non fosse Dante. Vorrei un Dantologo che fosse anche un artista, per esempio un pittore; e che viaggiasse per le strade d'Italia co·si, con il Testo alla mano. Egli potrebbe dirci in definitiva quali siano i paesaggi veramente d'anteschi; perché Dante non dipingeva di maniera, e certo l'occhio e là memoria lo soccorrevano quand'Q·rappresentava il Castello del Limbo, la Valletta dei Principi, le mura di Dite. Scivolando su queste grandi vie piane colla tramontana a babordo, io giunsi a ,Siena il giorno che si celebrava il compleanno del Prin– cipe Savoia; dopo il tramonto, le merlate del Palazzo e della torre del Mangia si a-nimarono di :fiammelle fatue, e ripensai ai diavoli che dii.fendevano irati la Città di Pianto. Dante ancor qui; e se non temessi gli anatemi dei miei amici fiorentini, direi che .Siena è città più dantesca di Firenze. A Firenze le padelle di grasso che bruciano sulle torri nelle grandi occasioni mi fanno pensare alle vecchie dame inglesi, godentisi lo spettacolo dal terrazzo della pensione. Fissano attraverso le lorgnettes con lo stesso gesto di chi è in palco a teatro, e prima di coricarsi scriveranno nel dfario le loro impressioni: « The medioeval charm of thi-s city .... >>. Invece Fi– renze è per più che metà granducale, che vuol dire quasi-moderna; ma Siena, per quante pensioni di forestieri vi_si nascond'ano, non condiscende né. compromette; nemmeno gli umanistici sforzi del Papa Piccolomini sono riusciti a intaccare quella sua faccia dura e un poco sinistra di città del Duecento. Ogni leggerezza, ogni romanticheria; ogni illusione mod'erna vi rimane stroncata e com– busta; qui tutto è dell-'epoca, anche le case borghesi e moderne: « les morts saisissent les vifs >>; Siena ti prende e ti rinchiude come un sarcofago. Qualche tentativo per add'omesticarla, per tradurla in gergo familiare e contemporaneo, si compie tuttodì: il Duomo, di notte, è illuminato da tutte le parti con fari verdazzurri che lo circonfondono, come suol dirsi, dì una luce di sogno. Incastonato nella sua piazza quadra e nera, ferrea, esso appare allora come una di quelle torte in zucchero filato con le quali si celebrano i BibliotecaGino Bianco

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