Pègaso - anno IV - n. 7 - luglio 1932
La « Riforma » e le Università 61 vani, una volta orientatisi e dopo essersi formata quella cultura che è indispensabile base per la professione che vorranno scegliere o per un particolare indirizzo di studi, si incamminino, spontanea– mente o perchè consigliati dai loro professori, verso le speoializza– zioni, o, se ali non hanno, si rassegnino a quella più generale cultura che ha pure un valore pratico ed un effettivo benefizio. A che 'giovano i seminari, giustamente intesi come « raggruppa– mento e coordinamento di insegna,menti », se i giovani che dovreb– bero frequentarli non acquistano prima una sufficiente prepara– zione ? E come possiamo pretendere che dei giovani si cc specia– lizzino>> nei primi anni, appena iscritti, se non ne conosciamo le attitudini e le capacità ? Io dico, per esempio, che le Facoltà di Let– tere sono fatte apposta per dare insegnanti alla Scuola !Media, e che trascura-re l'importanza pratica di questo loro compito è grosso errore. Autonomia sì: ma non per le materie fondamentali, dove chiaro e preciso ed eguale per tutte le Università dovrebbe essere il pro– gramma di studi, perché da tutte le Università d'Italia escono i futuri professionisti, giovani che, laureatisi, si credono degni di concorrere a posti di responsabilità. Dunque, autonomia per le materie speciali. Si capisce che la Facoltà di Lettere di Roma ab– bia cinquantatré insegnamenti, e trenta ne abbia Bologna, venti Pisa, trentuno Firenze, sedici Pavia ecc., sebbene anche in questo caso la cosa dev'essere intesa cum grano salis: gli insegnamenti ci sieno, sieno molti, ma ci sieno anche i mezzi di studio. Il pro– fessore può esserci e possono esserci anche gli studenti, ma se non ci sono i mezzi perchè la scuola funzioni, è come se il profes– sore non ci fosse è gli studenti mancassero. Il nostro pensiero è troppo chiaro per dloverci insistere ancora. Esso, anzi, è corroborato da un altro esempio degli inconvenienti ai quali ha dato luogo, o potrebbe dar luogo, l'autonomia, se male intesa. Ogni Facoltà ha un sno determinato numero di inse– gnamenti, alcuni dei quali sono di ruolo : per esempio, l'Univer– sità X ha per la Facoltà di Giurisprudenza quindici insegnamenti, dieci d'ei quali di ruolo e cinque da impartirsi per incarico. -Ma la legge non permette che nelle singole Facoltà si stabilisca quali deb– bano essere gli insegnamenti di ruolo e quali quelli da impartirsi per incarico, cosicché potrebbe anche avvenire che diventasse di ruolo la cattedra di una materia secondaria e fosse relegato fra quelle di incarico un insegnamento di materia fondamentale. Io non so se casi simili si sieno già verificati : potrebbero però verificarsi e sarebbe perciò opportuno introdurre tassative disposizioni in proposito, per effetto delle quali finisse una volta per semprt' an– che la poco edificante vicenda degli statuti che annualmente mu– tano. L'ultimo Decreto Giuliano, del 28 agosto 1931 n. 1227, proi- BibliotecaGino Bianco
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