Pègaso - anno IV - n. 7 - luglio 1932

52 L. Salvatorelli vi è un nucleo di verità. Ci sono manifestazioni di sentimenti le– gittimistici del duca non equivoche e bene attestate (per lo più dal Rokesch, testimonio non sempre esatto· e sicuro, ma che su questo punto non v'è motivo sufficiente per mettere in dubbio). Il Reichstadt voleva tornare in Francia, ma non come capopartito e avventuriero non strumento dei liberali e dei sovversivi, ma come ' . . . sovrano legittimo, più legittimo di Luigi Filippo, come garanzia d'ordine rispetto alle Potenze (che erano quelle della Santa Al– leanza) ben maggiore del figlio di Filippo Égalité. Anzi, alle prime notizie della rivoluzione di luglio aveva manifestato il desiderio d'i marciare colle truppe austriache in soccorso di Carlo X (i sen– timenti insomma, di Carlo Alberto). Si sa, ch'egli vagheggiò an– che, ed altri vagheggiarono per lui, la corona di Polonia; se l'avesse cinta, la sua idea era di mantenere l'equilibrio tra Russia ed Au– stria. Il duca non rinnegava affatto casa d'Austria e la sua educa– zione austriaca : la tirata antiaustriaca che gli fa pronunciare Rostand in faccia al nonno ed a Metternich non ha il minimo ap– piglio storico. Una restaurazione napoleonica nella sua persona avrebbe significato, almeno ne'lle disposizioni di Napoleone II per quel che ci sono note, una stretta alleanza tra Francia ed Austria. E proprio per questo Luigi Napoleone (il fratello maggiore del futuro Napoleone III, morto già nel '31, nel bel mezzo della rivo– luzione dell'Italia centrale) non voleva sapere del duca di Rei– chstadt e gli preferiva l'Orléans, accettato dal popolo francese. Qualche patriota italiano parlava perfino di uccidere il Reichstadt per ovviare al pericolo di una Francia alleata dell'Austria. Il brusco tenore della lettera, stesa d'accordo col Rokesch, colla quale il duca respinse le avanoes della figlia di Elisa Bacciocchi, Napoleone Camerata, non si spiega solo colle ragioni di prudenza riguard'o a, Metternich e alla poli_ziaviennese, o colla mancanza di fiducia nella stramba virago; è niolto probabile, che vi entrasse anche l'orgoglio d1,l principe nepote di Francesco I, offeso dalla intimazione della Camerata di scegliere tra la Francia e l'Austria. V'era un equivoco tra il Reichstadt e quella parte del popolo francese, che al principio del regno di Luigi Filippo guardò verso l' « aquilotto )). La rivoluzione di luglio non ebbe carattere propria– mente bonapartista. L'affermazione del Wertheimer, storico pur così prudente e documentato, che tre giornate siano state com– battute al grido di « Viva Napoleone II>> è fondata su poche testi– monianze isolate, non concordanti coll'insieme dei fatti. >Molti ele– menti bonapartisti parteciparono, senza dubbio, all'azione, e il nome di Napoleone II venne fuori anch'e·sso nelle manifestazioni politiche di quei giorni; sarebbe stato quasi impossibile che ciò non fosse avvenuto. Ma importanza di protagonista il movimento bona– partistico allora non l'assunse: la lotta incominciata al grido di BibliotecaGino Bianco

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