Pègaso - anno IV - n. 7 - luglio 1932

40 A. Rossi - Morte di un gatto a volare in pezzi, come pipe. L'ultima bomba, una Sipe, d'improvviso era scoppiata a dieci metri dia noi, con una vampa. Avevo ancor l'oc– chio al mirino, e già confusa.mente vedevo una massa scura ca– scare a terra accanto a me. Era il nuovo ·aspirante. Non aveva saputo resist:re alla curiosità di guard'are, daUa feritoi_a. Una mi– nutissima scheggia, volata dritto rasente terra, era entrata per quello stretto pertugio, l'aveva colpito sopra l'occhio. Era lì steso, apparentemente immune da ferite di sorta; solo quella piccola graf– fiatura, rossa, pochi millimetri sopra l'occhio. Ma per quella, era a terra. Su una barella lo portammo in paese; all'ospedale. La scheg– getta aveva trovato l'unico punto d'ebole, nell'orbita, sotto l'osso frontale, era passata, era andata dritta adl allogarsi alla base del cervéllo. Anche lì niente da fare. Alcuni giorni di attesa intrte, e poi d 1un tratto la meningite 1 la morte. Scherzi della memoria vagabonda. Irruzioni improvvise del de– finitivo1 ai momenti più impensati, in questa nostra tranquilla illu– sione di continuità. Il gatto agonizzava, j_ bambini in cerchio se lo segnavano a dito, ridend'o. I calzolai stavano riammucchiando tutto quel legname smosso. Sentii la necessità di riscuotermi, di por– tarmi all'unissono con quella gente. Un gatto moriva, e che perciò? Ve 1 dere le cose dal punto di vista statistico, quantitativo. In ognuna di quelle notti, certamente, cani randagi nei boschi straziavano qual– che innocua creatura : i gatti ghermivano gli uccellini al loro primo– volo fuori dal nido, i falchi piombavano gal cielo sulla preda adoc– chiata, la trafiggevano con gli artigli, col becco. E poi via via, a onde concentriche, sotto un cielo indifferente, le oppressioni, le sanguinose ingiustizie, i d'elitti, le giornaliere catastrofi. Perdersi nella somma di significati di un fatto _unico, quando di tali fatti è intessuta l'esistenza stessa del mondo. Risi anch'io con loro. Ed ecco la calzolaia, forse inquieta sui miei sentimenti e quasi per scusarsi, si fece a dirmi, con un risolino imba– razzato: - Se non l'avessi colta sul fatto, quella brutta bestia, non avrei forse avuto il coraggio d'ammazzarla: ma sa, la collera del momento .... - con le quali parole, distruggend'o quella sorta di ne– cessità rudimentale che dapprincipio le sue spiegazioni avevano deline·ato, ripiombavano la faccenda·in una luce ancor più incerta e problematica, o per dir tutto, umana. E con quella, il gatto se ne andò, portato via penzoloni per le gambe di dietro : e io a mia volta presi la via del riposo pome– ridiano. ALBERTO Rossr. BibliotecaGino Bianco

RkJQdWJsaXNoZXIy