Pègaso - anno IV - n. 7 - luglio 1932
36 A. Rossi forse si aggiustavano anc6ra. Non c'era dunque maniera di tenere i coniglietti al sicuro, in un altro locale dove il ·gatto non avesse accesso ? O altrimenti, non si poteva affidare il gatto a qualcuno che se lo tenesse, almeno per qua.lche tempo? Ma no, il gatto era oramai troppo grosso, avvezzo a quella casa, anche a regalarlo sa– rebbe senza fallo tornato: e quanto ai conigli, la conigliera era già occupata da un'altra nidiata più recente, con relativa madre, che non avrebbe tollerati gli intrusi: altri locali non ce n'erano. E poi il gatto in quel primo scompiglio doveva aver ricevuto qualche gro~sa legnata che già l'aveva accoppato a mezzo, non era più buono a niente, oramai non rimaneva altro che finirlo. Da queste ultime parÒle, e dal tono come eran dette, compresi che più anc6ra di una severa misura, dettata dalle necessità d'el momento, quella condanna capitale era forse una rabbiosa vendetta, un maligno sommovimento del sangue teso a far ripagare al delinquente la perdita e lo scorno subìto. E quasi indovinando queste mie im– pressioni, e come per vincere la mia simpatia, o la mia complicità, la calzolaia d'improvviso si volse a suo figlio, che era lì accosto, pronto a prestare man forte, in piedi poggiato al muro con quella sua aria sibillina e. noncurante, e gli ingiunse di andar di sopra in cucina a prendere uno di quei coniglietti superstiti, per mostrar– melo. Su per la scala corsero le lunghe gambe dinoccolate entro i due tubi di fustagno, già dalla scala ridiscesero dopo un poco, mi si fermarono dinanzi.· Dalla camicia slacciata, che mostrava la sua pelle bianca, il ragazzo trasse fuori con precauzione due batuf– foli di pelo color tortora, uno me ne diede a tenere. Era soffice, caldo, informe, faceva pensare a certe caricature di vecchi turchi dalla ciera saggia e afflitta, che si vedevano di frequente un tempo, e come quelle era tutto testa su di un corpicino senza importanza, e anc6ra, come quelle teste era tutto naso, un naso enorme, a pera, tenero e grinzoso. Faceva continuamente, sulla mia mano, il moto di brucare, come per un implacabile riflesso organico, e il menomo soffio o gesto provocava in quel naso uno sproporzionatis– simo allarme, traducentesi in contrazioni e tremiti disordinati, e in un accelerarsi spasmodico di quell'eterna smorfia brucante. A quella vista, anche i bambini intorno s'eran fatti sotto, con escla– mazioni di giubilo, e tendendo degli indici incerti a toccare la massa piumosa. La calzolaia, poi, se li covava cogli occhi brillanti chiedendomi se non erano proprio belli, intanto che io restituiv~ al ragazzo quel prezioso incarco, con un lieve senso di ribrezzo a tanta molliccia e piagnucolosa aria di saggezza. Nel frattempo, il gruppo s'era un po' franto e sparso, quella crudele atmosfera intenta s'era scaricata e pareva che tutti un . ' poco non s1 sapesse più bene cosa si stèsse a fare lì come in certi momenti oziosi e smemorati, dopo un aecadimento, q~ando i gruppi BibliotecaGino Bianco
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