Pègaso - anno IV - n. 7 - luglio 1932
Giuseppe Cesare Abba e Mario Pratesi 31 si risolve perché appunto non può risolversi. Io credo ch!:lil linguaggio anch'esso sia una di quelle cose che vanpo da sé con i tempi, da non poter essere imposte e regolate dagli uomini. Lingua vigorosa e potente è pro– pria di secolo forte e incorrotto. La lingua, di Dante e di Dino è natu– rale a que' tempi non eleganti, di civiltà peggiore della barbarie, ma forti e semplici e schietti. Ma oggi com'è possibile semplicità di lin– guaggio,, che è quanto dire bellezza, nel secolo delle sfar~ose vetrine, delle· splendide mantenute, delle oscene fotografi.e, nel secolo che l'arte muore di fame, perché non v'è altro scopo che il ~omodo e l'utile, non il bello né il buono, e tutto non_è che orpello e belletto, e le donne fanno pompa de' capelli non proprii, e gli uomini vestono come burattini e fantocci e si tingono i baffi e la, barba,? La bellezza del parlare nasce dal sentimento del bello, donde l'arte.casta e sublime. Del resto, per non perdermi in chiacchiere inutili, dirò che l'opera del veggente governo circa, ad unificare la lingua, non darà che frutti bastardi. Secondo loro il fiorentino dovrebbe prevalere in maniera da rintuzzare gli altri dia• letti nativi della penisola , pretendono vincere la natura: non ti pa,r egli ridicolo ? L'unità di questa nazione tisica e cancrenosa deve por– tarçi in fatte, di lingua ad un'altra, barbarie, donde poi quello che sarà per uscire vattelo a, pesca! Lasciamone la briga agli Dei. Giunone ci pro– tegga: ma soprattutto ci protegga.Mercurio che tiene i ladri e i mercanti, che è tutt'uno, nella sua santa, custodia. Ma ecco che rispondo alla tua lettera. La ricevei ieri l'altro, Domenica dell'ulivo, e la, rilessi più volte salendo solo solo il monte alle croci. Il dirmi che mediti una tragedia m'avverte che tu vivi anc6ra, o almeno ti sforzi di poter vivere che per l'a-rtista consiste nelia facoltà di creare. Credo che per te sia più la tra– gedia che la commedia. L'anima tua è troppo lirica perché sia ~apace del piano ed umile, e troppo attaccato alla pratica e aJ.la realtà della vita, andamento della commedia. Con questo non voglio mettere in dubbio il valore dell'oper~ ch'hai tra mano, ma dire soltanto che la commedia non è la·forma letteraria nella quale tu possa meglio riuscire. Medita,, studia molto lo Shakesp~rè. Raffaello the dipinse la ,S. Cecilia, Bru– uellesco che fè la Cupola, Rossini che scrisse la Semiramide, Dante stesso che diè al mondo il più meraviglioso poema, non:,son grandi quanto lo Shakespeare che poté creare l'Amleto. Giulio Carcano anch'egli scrtsse una tragedia di Spartaco: non so se ti gioverebbe vederla. E tu confidi che il regno dell'uguaglianza abbia a sorgere; e io non voglio combattere questa tua generosa speranza nell'avvenire. Ti farò solo questa domanda. Quando coloro che oggi son miserabili: abbian trionfato degli altri che son potenti, i vincitori che saranno rispetto a' vinti? Non sarà un ba– rattarsi le parti ? Ah! mio caro, la storia umana non può cangiare perché non può cangiare la natura, né l'ordine delle cose. Può esser del resto che in fatto d'idee tu sia più innanzi di me e tu veda quello che a me non riesçe. Poche settimane dopo il carteggio si interrompeva perché la salute del Pratesi, - il quale già dal 4 marw aveva dichiarato all'amico «lamia vita e la mia testa declinano ogni dì più», - non BibliotecaGino Bianco
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