Pègaso - anno IV - n. 7 - luglio 1932
Giuseppe Cesare Abba e Mario Pratesi 5 zione artistica e integrando con le lezioni dell'Ateneo pisano i suoi sforzi di autodidatta. Per di più la salute gravemente scossa aggiun• geva le sofferenze fisiche a quelle morali. Aveva egli pure già scritto versi e taluni anche erano stati pubblicati. Il suo ingegno vivo, la sua cultura ineguale, assai unilaterale e molto lacunosa, ma pur già vasta, dovevano aver già richiamato la attenzione su di lui se egli, co~i povero e disperato, non solo stringeva amicizia salda coi migliori giovani dell'Ateneo (è di quegli stessi anni l'inizio anche dell'altra sua più stretta solidarietà spirituale ed affettiva: quella con Giacomo Barzellotti, durata ininterrotta per quasi· cinquanta– cinque anni), ma era ricevuto in case come quella di Enrico Mayer ed apprezzato da persone superiori per intelletto e per condizione sociale. Ma la vita non operò ugualmente sull'animo dei due amici: dopo il 1880 l'Abba, - cessato il periodo di isolamento, di insofferenza e di contrasti intimi trascorso nella sua Cairo Montenotte, - trova nell'insegnamento pubblico, al quale è chiamato a quarantatré anni, un campo di azione e una disciplina formale di attività che a poco a poco lo rasserenano e lo pacificano con se stesso : pur tra i gravi dolori domestici, l'affetto dei figli, il gentile e sano ambiente fami– liare lo rendono incline ad una valutazione meno pessimistica della vita : il grandeggiare nel ricordo e nella venerazione delle genera– zioni nuove degli eventi gloriosi di cui egli fu attore valoroso e narratore ispirato, riverbera su di lui una luce viva che procura alla sua vigorosa vecchiaia sodisfazioni ed onori in cui l'anima generosa non trova compiacimento vano ma un qualche nobile con– forto. Il Pratesi, invece, esercita per trentaquattro anni, con scru– polosa rettitudine di galantuomo, gli uffici di insegnante e di prov– veditore agli studii, ma soffre sempre più della costrizione che tali uffici impongono alla sua indipende:[\za di artista e del tempo e della libertà sottratti al lavoro cui solo si sente nato e che è il suo tor– mento e la sua passione. In questo conflitto si arrovella e si inacer– bisce; si chiude sempre più nella sua fiera solitudine spirituale; si attrista, - più contro il destino che contro gli uomini,_ - che la sua produzione artistica non possa essere tanto frequente da fermare l'attenzione del gran pubblico che concede ad altri assai più facil– mente la fama e i guadagni; e la sua visione del mondo e dell'anima umana si vien facendo con gli anni sempre più cupa e più dolorosa. Anche dell'Abba si potrebbero dire le belle parole con le quali il Pratesi è· stato scultoriamente definito da uno dei suoi amici mi– gliori, Isidoro Del Lungo, quando lo disse da, natu.ra formato piut-. tosto a m.eritare che a procacc-iarsi la fa_rna 1 ), ma al P ratesi la fama 1 ) Nella lapide apposta sulla casa di Via San Leonardo, al Viale dei Colli a Firenze, dove il Pratesi lavorando infaticabilmente trascorse gli ultimi quindici BibliotecaGino Bianco ·
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