Pègaso - anno IV - n. 7 - luglio 1932
4 G. Bandini zaffiri di cui adornavano mi parlavano di un altro mondo; la vista di quei monti ti dico, avrebbe fatto nell'agonia c?me_al _cristiano che h~ fede le consolazioni della religione. Le cose d1 çm m1 parlavano qu_e1 monti lontani non oserò mai dire di averle dimenticate, e tu le sai: ma quando c'incontrammo la prima vol!a•, l'a~ima mia_era cosi pie~a di esse che non aveva posto per affetti nuov1. Tuttavia la tua fis10: nomia ~i disse qualcosa diverso da quelle di tutti gli altri, coi quah strinsi o prima o poi amicizia,, Non te ne ho parlato mai ? Tu mi pa- ' ' . . . resti come io era infelice. Ti volli bene subito, sebbene gh uomm1 stim~ssi cattivi; f~rse ti sarò paruto un po' lento ad aprirti il mio cuore; ma credo di non aver indugiato a mostrarti che sin dal primo giorno ti aveva capito. Non ti so dire quanto io goda oggi ripensando a quell'incontro; e quando lessi quello di Nevio e di Jacopo 1 ), il cuore mi ammoni che tu scrivendo, certo avevi pensato a quel giorno. Queste amicizie, nate in casi come i nostri non m11ojon,o,stanne certo, non muoiono. Centinaia di giovani incontrai nella vita, coi quali ricambiammo promessa d'amarci, di scriverci, di vivere in continui rap– porti; erano cari, erano buoni, eppure sono anni che io non so di loro né essi di me. Noi in çambio, veggo che siamo oggi quel che uno, due, quattr'anni addietro; e diverremmo sempre più amici se più si potesse. Oramai possiamo dire che la sola morte ci farà tacere tra noi. Infelice era l'Abba, specialmente per un amore sventurato e per quel profondo malcontento e per quella generosa impazienza che tormentavano la gioventù più magnanima ed ardente che non si appagava dei resultati ottenuti nelle battaglie del '59 e del '60 cui aveva partecipato, sentiva aperta anc6ra nelle proprie carni la ferita di Aspromonte, non era sodisfatta degli inizi del nuovo Regno e anelava, con impazienza che diveniva spesso crucciosa insoffe– renza, a nuove lotte ed a più decisive redenzioni. Infelice, di una infelicità più soggettiva e profonda, il Pratesi: più giovane dell'Abba di oltre quattro anni (era nato l' 11 novem– bre 1842), e quindi immaturo all'azione negli anni epici del '59 e '60 · . ' orfano di madre dall'infanzia, in contrasto col padre, integro e rigido funzionario che non ne comprendeva il temperamento arti.– stico e gli impulsi intellettuali un po' disordinati, aveva avuto fan– ciullezza triste prima con la matrig;na e poi in un Collegio Militare :fiorentino retto con ordinamenti e metodi austriaci; costretto non ancora ventenne, ad acconciarsi ad un umile e sgradevole ~:fficio burocratico se ne era sottratto, contro il volere paterno affrontando la paurosa incertezza del vivere, e non potendo, per difetto di titoli regolari di studio, iscriversi alla Università di Pisa ne seguiva i corsi obbedendo alla sua passione pèr gli studi e all~ sua inclina- 1 ) Le due principali figure maschili del romanzo del PRATESI, Le viole di Ma– rianna, ripubblicato poi col titolo Jacopo e Maf'.ianna, Civelli, Firenze, 1872. BibliotecaGino Bianco
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