Pègaso - anno IV - n. 7 - luglio 1932

114 F. SACCHI, La casa in Oceania rentela tra gli uomini fossero stati periodicamente sottoposti a una revisione, mica regolata da norme precise, ma rimessa al capriccio del caso, anziché continuare tutta la vita sugli identici binari stabiliti dalla convivenza o dal sangue». . Vista un po' meno dai personaggi, e un po' di più dall'autore, è, ~e– mai, la realtà, quando questi si sofferma sui connotati fisici ~elle propne creature. « Un sorriso così scanzonato e insieme cosi cordiale, m quel ·zig-zag di faccia lentigginosa sotto il ciuffo dei capelli arruffati» : Co- pley. E Giorgio Breglia: « il viso, lungo e pallido, avrebbe avuto fat– tezze regolari se non fosse stato per la bocca, una bocca comica e sperticata, che a ogni modo metteva a ,soqquadro tutto : una bocca che si burlava del resto». Dora Morrison, cugina di Mary, al volante: « fischiettava - Perché ho baciata quella ragazza? Perché, oh perché, oh perché ? - con le gambe aperte e il cappello sulla nuca, che pa– reva l'allegoria dell'Insolenza». Anche il ritratto interno dei singoli personaggi viene a mettersi in questa specie di fuoco caricaturale co'.. stante (e la costanza denuncia la presenza dell'autore); però vedete come si forma: alla ·impersonalità cara ai naturalisti, il romanziere (e mi viene in mente adesso ch'egli era un t:lntusiasta di Flaubert, vent'anni fa) arriva sempre, perché non entra, mai a spiegare e a consi– derare, ma lascia che i temperamenti sii.spieghino da sé, attraverso dia– loghi e gesti e magari significative immobilità e silenzi. È argomenta– zione, _questa mia, che sa quasi d'imparaticcio scolaJStico, ma bisogna pure tirarla in ballo dal momento che in tanto lussureggiare di rac– conti analiwhati e relativi eroi pronti a dirti prima di agire come agi– ranno e perché agiranno, scappa finalmente fuori un romanziere il quale ha riimparato la difficile arte di trasformare la riflessione sulla vita in creazione di vita. C'è sì, in questo romanzo, un personaggio, che nelle ultime pagine enuncia e rienuncia un proposito; ma poi fa tutto il contrario: ed è il tocco decisivo,· per cui Copley ci diventa indimen– ticabile. E c'è un Baucia, il coltivatore di canne da zucchero presso il quale ripara Romana, che quando tace è tutto un trattato di psico– logia. Di scene dialogate ve n'hanno almeno due, - quella in casa di Bartlett a Taroo, che occupa quasi tutta la puntata VH, e queLla in cui s'incontrano gli avvoca,ti di Romana, e dei Canzi alla presenza dei rispettivi clienti, - le quali a me sembrano magistrali. S'aggiunga, che Sacchi ha vinta la sua battaglia, anzi tratto il massimo partito di verità e ,di artistica varietà, alla pietra di para– gone di un altro caposaldo dell'estetica naturalistica: che l'interiorità dei personaggi non va tradita, permettè:o,do ch~ssa si deformi sulle loro labbra attraverso un linguaggio. a loro non peculiare. Qui sono abori– geni, e australiani naturalizzati, e inglesi e italiani delle più diverse parti d'Italia,, _i quali ultimi parlano cioè il loro bravo italiano di veneti, di Jombardi, di emiliani, di napoletani, irto di idiotismi e non senza, fiori o erbacce linguistiche d'estrania nazionalità. In tanto ibridismo il problema diventava anche qut:lllo di salvarsi dal pericolo di mille ; una note stridenti, come se nt:lincrociano nell'aria, da quando sciami di nostri narratori hanno imparato a volger le spallè ai lavac:w dell'Arno, BibliotecaGino Bianco

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