Pègaso - anno IV - n. 7 - luglio 1932

V. LEE, Il Settecento in Italia 111 (1887), una leggiadra fantasia di cui il Nencioni tradusse parte nella recensione che ho già citata. Non credo si detragga in nulla all'origina– lità di Vernon Lee -suggerendo il Browning come primo inventore di quel genere di critica ispirata che forma la sostanza del Settecento in Ita– lia. Le descrizioni cosi mosse e aderenti, cosi fresche e saporose, di pae– saggi, di fiori, di costumi,. di tipi italici che ricorrono nei libri di Vernon Lée e, di qualche altra' sc.rittricé anglosassone, come nella deliziosa recentissima raocolta dal titolo browninghiano Up at a Villa - down in the City di Nesta de Robeck (Londra, 1932, dedicata a Vernon Lee), si richiaman tutte, a mio parere, al grande poeta di Men and Wornen e di Dm,matis Personae. Tutta quella poesia di cose e stagioni abolite che emana dalle pagine del Settecento in Italia era già contenuta in 1VU,Ce in A Toccata of Galuppi's. Il Colombo ,di questa scoperta d'Italia è certo Robert-Browning; ma Vernon Lee ha dominato le nuove. pro- - vincie cori gli occhi lungimiranti del Cortez del famoso sonetto keatsiano. L'amorosa traduzione di Margherita Farina-Cini consente in com– plesso, di gustare pienamente tutto l'incanto dell'originale. Qua e là certe durezze e certi eccessi di letteralità avrebbero potuto evitarsi. Voglio dire di passi come: « Ero, verso i compositori del Settecento, più apprezzante di coloro, ecc. » (I was applying to eighteenth-oentury oomposers methods more appreciative than those, ecc.) (p. xix); e di « falsi amici>> come: « tutori preti>> (priest tutors, cioè « ;precettori preti >J)(p. 35), o « gli antiquari .senza cuore ii ( ove an.tiquary corrisponde in italiano corrente a « studioso d'antichità») (p. 357). Ma lo stile di Vernon Lee, che il Nencioni definiva « luminoso, pittoresco ed irresi– stibile», metterebbe a dura prova le risorse· dei traduttori più provetti. MARIO PRAZ. FILIPPO SACCHI, La casa in. Ooearvia. Romanzo. - Monda.dori, Milano, 1932. L. 12. « Con la logica di un teorema e il calore e il colore di J,ma,creazione fantastica ii. Non ricordo dove ho letto ciò. Ma mi viene sotto la penna adesso che m'accingo a dire di questo romànzo, ripensando a, tutta la precedente produzione del suo autore. Metto. nel conto anche una lontana lontana conferenza ,sui poètes maudits, che mi par bene d'aver udita all'Accademia Olimpica di Vicenza, e che dev'essere ri– masta inedita, se non la, trovo qui, nella scheda bibliografica Monda.– dori. Trovo invece qui le due rassegne Colori di un prisma (della Bien– nale veneziana del 1910, se ben ricordo) e Uom,jni e idee nelle mostre d'arte del 1912, cui Filippo •Sa,cchi dovette lasciarsi indurre dall'esem– pio dei Salons di Baudelaire, cioè del « poeta maledetto ii più governato daJl'ispirazione a un tempo e da chiarezza di ragione. Vent'anni sono trascorsi; e mi rinvengo dentro ora, che. tento i contorni di non so che solchi lasciatimi nella memoria dalla lettura della seconda di quelle ras– segne, il buon metallo di certi paesaggi di Previa.ti e di certe figurette femminili di Oasorati, che il critico in gara con questi artisti figurativi sapeva rifondere così bene entro gli stampi sillogistici della dimostra- BibliotecaGino Bianco

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