Pègaso - anno IV - n. 7 - luglio 1932
110 V. LEE, Il Settecento in 1talia bilmente i veri eruditi sorriderebbero. Ma coll'aiuto solo di quelle qui– squilie Vernon Lee ha ricostruito un mondo. Tutto il sapore d'avven– tura di questo genere di critica artistica mi pare contenuto in u~ Pll;SS~ della Prefazione del 1907 che metterei vicino a e.erte pagine musicali d1 Proust. Vernon Lee vi parla della potenza evocatrice di una musica, udita nella stanza accanto : « Forse questa predilezione per la stanza aaoanto sarà nata da uu'as– surda paura della mia stessa emozione: mi sentivo più al sicuro aJ. di là, della porta, o meglio ancora, sotto la finestra. Cosi, m1 ricordo, quando arrivò da Bologna il primo pacco di musica copiata, mentre mia ma,dre s'accingeva a,provarla, al pianoforte, io non potei rimanere in .preìlenza.... di che cosa, non saprei davvero dirlo : mi sentivo presa da timidezza davanti a queste canzoni sconosciute, tanto sospirate, e dovetti scappare in giardino. Lì mi misi a passeggiare in •su e in giù, col cuore che ora bat– teva forte, ora si fermava, mentre mia ma,dre cominciava a decifrare quei caratteri storti. e pigiati e quelle vecchie chiavi non più in uso. La musica che aveva scelto .per cominciare era una <',opia d'una colle– zione stampata, 'Le arie preferite - nell'Opera chiamata Artaserse - del ,Signor Hasse - stampate da Wa1sh all'Insegna dell'Arpa e d~l– l'Oboe in Catherine St.reet nello Strand '. E là prima che suonò fu PaUido il sole, una di quelle tre arie leggendarie con le quali, come forse ricorder.ete, il virtuoso David-Farinello calmava- la pazziai di Saul-Filippo di Spagna. Mi pare di ric.ordaire anc6ra il curioso disegno, o piuttosto maincanza di disegno, in cui s.i disponevano le note del pre– ludio durante quella prima, incerta lettura; sento ancora il mio atroce spavento, misto alla vergogna, ahe il pezzo risultasse orribile. Perché se Pallido il sole fosse risultato orribile, allora .... È impossibile esprimere in termini ragionevoli la mia as,soluta sensazione çhe da quel pezzo di– pendeva il fato cl' un mondo, del solo mondo che contasse : quello delle mie fantasie e ,dei miei desideri più intensi. E poi, quando le note esi– tanti si allinearono, e la bella, vecchia aria si fece ayanti, severa come il fato; quando il ritornello improvvisamente f,)ivolse indietro, indugiò con breve, acuto rimpianto .... Ecco, dopo di quella ho conosciuto molte belle canzoni serie, ne ho conosciute alcune (quelle di Haendel, per esempio) che in quello ~tesso stile 1720-1740 sono indubbiamente più belle. Ma nessuna, per me, si è mai avvicinata a quel PalUdo il sole. E persino ora, s e rupro il libro in quel punto e suono quelle note ripe– tute, quella fl.ui, da cadenza del preludio, ridivento la stupida ragazzina entusiasta che, p iù di trent'anni fa, camminava su e giù per il giardi– netto, mentre il ruscello dell'Appennino si frangeva contro il muro, e l'odore delle foglie morte e_il profumo penetrante dell'ultima magnolia si confondevaino nel sonnolento pomeriggio autunnale. Le note della canzone del povero vecchio Hasse devono aver assorbito tutto questo (come se .fra le pagine dello spartito fossero stati messi dei fiori a sec– care) e, più dolce, più sottile, più suaidente anc6ra, il F1ensodell'amorosa comprensione di mia madre seduta al pianoforte, f: delk oscure tene– rezze, delle oscure nostalgie della gioventù». Poco sopra Vernon Lee aveva accennato alla famosa Toccata of Ga– luppi's del Browniug. Questa stessa poesia le ha, suggerito, in JuveniUa BibliotecaGino Bianco
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