Pègaso - anno IV - n. 7 - luglio 1932
V. LEE, 1l Settecento in 1 talia 109 scrupoli, a quel che sì chiama la realtà storica oggettiva, ~, pensando che il Metastasio fosse un egoista timoroso e -sentimentale,· asserii che lo era; oggi invE:lèeavrei detto: ' Questa è la speciale reazione che hanno provocato nel mio .speciale cervello cinque o ,sei fatti relativi al Met3Jstasio ' ». Ora, o m'inganno, o in queste considerazioni si esau– risce tutta la faccenda della biografia romanzata. A Vernon Lee, che dal ,suo quieto romitaggio in una villa dei dintorni di Firenze certo ora contempla il mondo con il sereno sguardo com– prensivo della lucida vecchiezza, forse sembrerà vanità questo mio chia– marla in C3/Usaproprio in una cau,sa cosi compromessa come quella della biografia romanzata. Ma, prendendo le cose da un altro verso, ciò su cui mi preme sopratutto di insÌlstere è la modernità dell'opera di Vernon Lee; e dire moderna un'opera alla distanza di cinquant'anni è già ipotecare l'immortalità in suo favore. La ragione di questa contemporaneità di un'opera che vuol esser~, dopo tutto, opera di critica, sta nel carattere di critica-artista del– l'autrice, un carattere che, ·mi sembra, si ,è andato formando in• Europa alla fine del -secolo .scorso. I Goncourt, il Pater, il ,Symonds, il "\Vilde, gente in cui la ricostruzione del passato procede con l'entusiasmo cli chi ,s'ammobiglia tutto un quartiere dell'anima, con una vivacità, una vera e propria interferenza nel complesso più vivo della propria vita, quale non si riscontra in un professore, o un archeologo che, toltisi di dosso i panni civili e curiali della ricerca erudita, ridiscendono senza c3ipogiro tra le comunalità, borghesi della cotidiana esistenza. No, per un critico-artista quelle epoche, quelle figure del passato· vivono dram– maticamente come presenze d'ogni momento. E il sapore di scoperta che Vernon Lee denunzia a proposito del suo Settecento è ben diverso dal sapore che un erudito sente nella scoperta di un documento capitale, di un codice smarrito. Leggete gli esordi dei suoi capitoli su L'Arcadia e S'l1 La Vita Musicale ove la giovane scrittrice narra della sua prima visita al Bosco Parrasio di Roma, e al Liceo Musicale di Bolo– gna. Veramente il parallelo coll'esperienza del bimbo per cui gioco e vita si fondono in un stesso piano si presenta evidente: « L'Italia del Settecento, che per caso mi ,s'era dischiusa, divenne, per co,sì dire, il fienile, la soffitta, il remoto stanzone di sgombro pieno di cianfrusaglie misteriose e di fantasmi nascosti, che oft'riva a una giovanissima sac– cente qual'ero io il modo di soildisfare, nella sua gravità ignara, semplici istinti puerili di romanzesco e di travestimento». V'è qualcosa di profondamente delicato nell'ingenua .preparazione erudita della giovane saccente. Non ha fatto ricerche metodiche negli archivi, ma ha raccolto da sé, rarità immaginarie, trascrizioni di composizioni musicali sette– centesche, che conserva in quaderni di cui « mantiene gelosamente in buono stato le copertine (erano di carta, con la costola in pergamena) a forza di gomma e di prudenti applicazioni di acqua e sapone .... ». I lettori di Lamb ricorderanno quella Barbara .S.... che, divenuta attrice famosa, conservava rilegati in marocchino gli scarabocchiati copioni delle piccole parti che le erano state affidate al princi,pio della sua carriera teatrale. Quisquilie, i quaderni di Vernon Lee, di cui proba- BibliotecaGino Bianco
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