Pègaso - anno IV - n. 7 - luglio 1932

Hotel Astoria - 83 venta più secco e distinto, poi fra.goroso nella stretta improvvisa di due lunghi casamenti neri, poi soffice e lungo. Forse attraver– siamo un giardino. I pattini delle slitte :fischiano alle voltate. De– réscenko a tratti dà la voce agli altri che seguono, la mia compa– gna si desta, mi si aggrappa al collo. Quelli innanzi vanno sempre più rl:!'pidi. Il nostro cavallo stramazza, di colpo. -Mi ritrovo disteso sulla neve, la ragazza grid'a. Alzo la testa .. Siamo sotto un fanale. Grandi ombre rotonde mi circondano. I fini– menti palpitano sul cavallo bianco. Una voce chiama la bestia con parole lunghe, disperate, come fosse morta. Ferrière viene ad aprire. Un'ondatà di musica scende giù per le scale a passo di foxtrot. I tre salottini del primo piano sono zeppi di gente. Donne nuove. Il grand'uca Dimitri, il granduca Costantino Costantinovich, uomini politici con le decorazioni poli- crome che avevano messo per un banchetto ufficiale. · Qualcuno canta. Poi tutti cantano. Poi ballano tutti. La mu– sica diventa infernale. La fisarmonica si snoda come una serpe, con– tinua a chiedere qualcosa pensando ad' altro. Il violino con su incol– lato un ciuffo di capelli neri si dondola ubriaco. Urla e singhiozza. Il vino schizza dai bicchieri, si spande sulla tavola, sul pavimento. Qualcuno scivola e cade. Qualche coppia sparisce nelle stanze di fondo. Si beve ancòra. Deréscenko mi attanaglia la nuca, Sergio mi versa in bocca un liquore. Mi strozzano. -Mi volto barcollante, insulto Deréscenko, mi scaglio contro di lui, lo guardo negli oc– chi. Mi accorgo che non ha più la fascia di seta nera intorno alla fronte. Sopra l'occhio sinistro una cicatrice viva. Qualcuno per– cuote il tamburo a gran colpi, lo sfond'a, urla: - Così schiatti Raspùtin. Rientro sfinito. Quello del 244 si lava sotto il rubinetto violentemente. Ma perché si lava sempre ? Il violino con su incollato un ciuffo di capelli neri si dondola ubriaco. Così schiatti Raspùtin ! Vorrei bere ancòra per add'ormentarmi. Ho forse dormito dieci ore. Nella stanza accanto l'acqua scro– scia nel lavandino. Ficco lo sguardo nel buio. -Mi par di rivedere la fronte di Deréscenko con la cicatrice viva. Quel cervello deve esser stato sconvolto per sempre dalla ferita. Lo sento parlare : - Come sta Borsarelli ?... Accidenti alle donne. Paolo è pazzo. E poi si chiama Paolo? Io non l'ho mai co- nosciuto. ibliotecaGino Bianco

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