Pègaso - anno IV - n. 6 - giugno 1932
Il ponte di Santa Losanga 721 Né motivo né diritto! Io sono soltanto sua 0ognata ! E al- lora perché non ve ne scappate altrove ? - Dove andrei, Dio mio ? Sono cresciuta come una capra; non so far nuUa; mia sorella al– meno sa dir la ventura; ma io .... Volete che vada mendicando o che finisca in prigione ? - Ma no, ma no ! Voi potreste contare su di me! Vi tratterrete molto qui? - No, partiamo all'alba per Sul– pi ubell~ d'ove c'è la fiera. - Allora ci ritroveremo là .. Verrò a rag– giungervi e farò qualche cosa per voi. - Oh, l'avessi veduta in quel momento! Attonita, sollevata sul· predellino del biroccio, mezzo <listesa, in una curva molle di tutto il corpo, con quegli occhi di piccola belva e quella bocca sorridente e mielata!. .. Tante me ne disse, che finì per trascinarmi fuori del paese, nel luogo dove gli zingari s'erano accampati. Si trattava dei ruderi di una casa, distrutta da un incendio e abbandonata _diamolti anni. Il cavallo aveva trovato riparo sotto un piccolo portico pavesato di erbe, che offriva alla bestia un mo– <lesto letto e una. mangiatoia a portata di bocca. Il biroccio stava addossato alle pareti, puntellato e coperto da una tenda; in un angolo .soorgemmo la fanciulla che preparava_ dei cibi. La notte, calata da un paio d'ore, favoriva la nostra curiosità. Ci tenevamo nascosti dietro una siepe, a una diecina di passi, ,e di là studiavamo la vita di quel minuscolo consorzio vagabondo, -che ci portava col pensiero alle origini della società umana. La zingarella aveva improvvisato il suo fornello con quattro sassi e un paio di mattoni; su questi aveva impostata la pentola e, mentre andava e veniva dal biroccino, dava ogni tanto una soffiata sulla brace, e una strofinatina al naso col dorso della mano, per toglierne il moccio, che il fred'do vi faceva colare. Sopraggiunse poco dopo lo zingaro; era penetrato nel recinto attraverso una stretta breccia, portando un fascio di roba. Pare– vano fuscelli da ardere; ma non appena li lasciò cadere, ne saltaron fuori due galline mezze morte di soffocazione, ma tuttavia capaci di dibattersi e strepitare. Lo zingaro le fini con un colpo di piede sulla testa e cominciò a spennarle senza dir verbo. Le penne andarono a imbottire un ma– terasso scucito e le galline sparvero a loro volta nella cassetta del biroocio. Nel frattempo la d'onna scodellava una teglia di spa– ghetti fumanti e tutti e due si posero a mangiare. - Dunque, ci si va a Sulpiubello ? - mi domandò Arcipaoli. - Mi meraviglio della tua domanda, - risposi. - Ho ben altro ~il~. • Ma ecco l'indomani mattina si presenta all'albergo un buffo tipo, ·grande come un bragozzo, con un faccione di bistecca cruda, tutto inchinevole e sorridente, e che cerca di noi. 46. - Pèga&o. BibliotecaGino Bianco
Made with FlippingBook
RkJQdWJsaXNoZXIy