Pègaso - anno IV - n. 6 - giugno 1932

Il ritorno di Marco Polo 697 rale. Si ascolti il giudizio suo sulla gente del Cataio, che egli ri– conosce « superiore a ogni altra per bellezza di costumi e per va– stità di sapere)), data agli studi e alle discipline scientifiche. AI padre ed alla madre portano gran riverenza. E se si trova che qualche figlio dia· loro qualche dispiacere, o ·non li sovvenga nei loro bisogni, c'è un ufficio pubblico unicamente incaricato di pu– nire colla debita severità i figliuoli ingrati, quando risulti che abbiano commesso qualche atto di ingratitudine verso i parenti. Sono tutti idolatri. Di coscienza e di anima non hanno cura : badano solo alle soddisfazioni materiali e ai piaceri)). Curioso di tutte le forme di pensiero religioso, osservatore di ogni maniera di pratiche e dli riti, Marco giudica dalla rocca forte del suo cristianesimo. << E certo)), conclude, dopo aver esposta la vita di Budda, « se fosse stato cristiano, sarebbe stato un gran santo in compagnia di Nostro Signor Gesù Cristo)). Non appena tocca luoghi dove aleggia la leggenda cristiana, la sua narrazione, che pure s'affretta verso la fine, subisce un arresto. Si l'ivela la com– piacenza del soggetto. Sono p3issi noti a chiunque conosce Marco Polo ; ma non cosi significativi come quello che oggi è per la prima volta tradotto in italiano : la scoperta fatta da Marco e d'a suo zio Matteo di un forte nucleo cristiano nel cuore del Fugiu idolatra (pp. 271-73), ottenendo per esso dal Gran Kan gli opportuni pri– vilegi. Merito del •Grande Signore dei Signori, che verso il cristia– nesimo si mostrava incline e desiderava uomini dotti presso di sé a predicarne la fede. Questo, Marco, non lo dimentica e ci insiste quando l'occasione isi presenta, contemplando tra le possibilità anche quella dei Mongoli .cristianizzati. Uomo medievale, c'è per Marco accanto alla religione l'ombra, magica in cui s'annida il demonio. Egli crede alla negromanzia; descrive con la massim11 buona fede i prodigi degli astrologhi alla corte d'el Gran Kan ; assicura di aver provato le arti magiche e dia– boliche delle genti di Reobar che fanno venire l'oscurità pe:r pre- . dare; narra briosamente il rito con cui si consultano gli idoli delle cose perdute,· asseverando d'aver rinvenuto proprio a quel modo un suo anello smarrito. «Non però che io facessi agli idoli alcuna oblazione ofl omaggio)), aggiunge con scrupolo. Dichiarazione ti– pica di chi afferma di non credere alla superstizione, eppure la prova; e la trova veritiera, eppure sentimentalmente _la nega. Con– traddizione in cui è l'uomo che non osa negare la ve:rità del fatto per 3/mQre della verità. Ritornano alla memoria le parole del pro– logo di Rustichello: « Et chascuns que cest livre liroie ou oiront le doient croire) por ce q11,e toiites s1int chouses vertables. Chiunque legga od ascolti questo libro,· gli .creda, perché tutto vi è vero)). MARIO CASELLA. BibliotecaGino Bianco

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