Pègaso - anno IV - n. 6 - giugno 1932
694 M. Casella riosi e lontani, che esalta una civiltà potentemente organizzata su territori sterminati e fuori dal commercio occid'entale, che enu– mera con compiacenza le prodigiose ricchezze di natura che non avevano nome tra noi, non tradisce mai nella sua e·sposizione, - e ne avrebbe avuto i motivi, - il fascino dell'ignoto e del meravi– glioso, lo spirito che s'a,bbandona con entusiasmo all'avventura, la gioia della immaginazione che si oblia in se ste·ssa col sentimento. che conduce Yvain alla fontana del mistero. Il suo libro, ripeto non ha paragoni nella letteratura contemporanea europea dell'ul– timo Duecento : sta completamente fuori dello spirito della nostra cultura. Se si volesse una documentazione indiretta di questa mia affermazione, non avrei che a richiamarmi al modo stesso come avvenne la divulgazione manoscritta. Il progressivo· impoverirsi del testo costituisce di per sé un'interpretazione. ·Le parti che si salvano, e si mantengono costanti quasi in tutte le redazioni, sono precisamente quelle che rispondono a interessi romanzeschi ed hanno le seduzioni d'el meraviglioso fantastico: quello che ci at– traeva nel libro di -Marco Polo quando lo leggevamo da ragazzi nel mediocre ibrido riassunto abbozzato da un fiorentino dei primi del Trecento : la pesca miracolosa nel lago dii..San Leonardo, la morte del califfo nella torre dell'oro, la montagna éhe cammina; l'epi– sodio dei Magi e della pietra che chiama la fiamma celeste, la co– lonna di ,Simarca sollevata dal suolo e gli spiriti urlanti nel de– serto di Lop. Ma tutto fuori dell'atmosfera realistica che ne limita il valore fantastico, conferendo ad ogni episodio il suo carattere documentario di folklore, di tradizione, di leggenda o di interpreta– zione meravigliosa di fatti naturali. Si osservi invece il carattere del decoro pittoresco che in Marco Polo non manca, singolarmente là dove parla delle eccezionali ric– chezze del Gran Kan, del cerimoniale della sua corte, delle cacce, dei riti e delle feste celebrative. Il pittoresco in sé, - delizia arti– stica e bizzarria immaginosa e ,stravagante d'ei nostri scrittori del tempo, - non l'attrae se non come valore documentario : un omag– gio ammirativo indiretto al suo possente signore. Parla del palazzo imperiale: « I muri delle sale e delle camere sono tutti coperti d'oro e d'arg_ento. Vi sono dipinte belle istorie di donne e di cavalieri, draghi, bestie ed uccelli, ed altre cose diverse. Là volta è anch'essa lavorata in modo che vi ,si vedono soltanto pitture ed oro. Il gran salone è così grande e cosi largo che vi potrebbero banchettare più di seimila persone. Ci son tante camere da superare ogni idea. È tanta la grandezza e la bellezza di questo palazzo che nessuno al mondo, che avesse avuto il potere di farlo, avrebbe saputo idearlo e costruirlo in modo migliore. Il tetto è verniciato a mille colori, - ;ermiglio, verde, a~zurro, giallo e vai dicendo, - così bene e cosi finem~nte da splendere come un cristallo : si vede brillare d'a .Eijblio\eca Gino Bianco
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