Pègaso - anno IV - n. 6 - giugno 1932

Il ritorno di Marco Polo 691 di essere stato per il libro di Marco, finalmente, l'umile rivelatore». Tutto bene; ma l'umile rivelatore non solamente è un esperto filo– logo che storicamente sa penetrare nell'opera di uno scrittore del nostro Duecento, ma anche un critico che sa riviverne gli interessi spirituali. Il Benedetto, profondo studioso di Pascal e di Flaubert, di Rousseau e di Baudelaire, addestrato a tutti gli stili e conosci– tore di ,una letteratura qual è la francese, dove tutte le esperienze d'arte si avvicendano e giungono all'estremo, è ritornato ai primi · momenti deUa sua vita letteraria quando, alunno universitario, tra– duceva la Ohanson de Roland o inseguiva le vicende italiane del Roman de la Rose. E ci è ritornato· con un senso critico acuito da una dottrina non dispersa in minuzie, non esasperata in un ato– mismo frammentario che annulla o ignora fa sintesi, ma essenzial– mente salda e ricostruttiva. La sua versione di 1Marco Polo è si la ricomposizione dell'opera in cui si ricollocano i frammenti caduti nella secolare divulgazione manoscritta, ma è soprattutto l'illumi– nazione dell'opera di :Marco Polo. Il libro ci si rivela ora, per la prima volta, nella sùa reale fisionomia ; lascia scorgere i generosi e molteplici Jnteressi che l'hanno ispirato; vi si delinea il profilo spirituale .di chi l'ha dettato: un mercante, un ~omo dl'azione, un esploratòre, che ha le doti di un osservatore imparziale ·e concreto e che possiede sufficienti qualità di espositore per dare ai contempo– ranei europei, e ai lettori d'ogni tempo, il senso di un mondo da essi totalmente ignorato. Nel suo libro si ravvi-sano nettamente i punti ideali intorno ai quali si raccogli~ e si coordina la sua evo– cazione : le ricchezze orientali, le originalità etniche, le immense favolose metropoli, ma soprattutto il magnHìco organismo impe– riale di Cublai Kan. Poiché il centro dell'opera è verrumente qui. Già nei primi capitoli, storicamente e geograficamente infor– mativi e ·prologo generale a tutta l'opera, vedjamo che non appena -Marco incontra sulla sua ,strada i Tartari di Ponente abbandona senz'altro le notazioni compendiose e raecolte. In otto c;:i,pitolisi dif– fonde, con ricchezza di particolari storici e di costume, sulle origini di quella potenza mongola che s'era riversata come fiume impetuoso dalle steppe orientali dell'Asia sull'Europa sarmatica. Ma il suo interesse non è quello di un europeo a cui l'orda tartara poteva rinnovare ricordi e timori. L'interesse di Marco è volto esclusiva– mente alla Grande Tartaria, a Cublai, il Gran Sig·nore dei Signori, il principe che per uomini, per terre e per tesoro non ebbe suo pari« da Adamo nostro primo padre sino a questo momento>>. Poi– ché « se fossero insieme, - nota Marco, - tutti gli imperatori del mondo e tutti i re, sia cristiani che saracini, non avrebbero tanto potere quanto ne ha questo Cublai Gran Kan. E ve ne darò in questo nostro libro la dimostrazione chiara e precisa». E tutto con– verge a questa dimostrazione. Dovl!nque Marco Polo ci conduca e BibliotecaGino Bianco

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