Pègaso - anno IV - n. 6 - giugno 1932

E. VITTORINI, Piccola borghesia 763 nostra ordinaria novella borghese, .sfumano un passo più in là in nebbie di riferimenti _e d'allusioni, attraverso minuziosi intrecci che potreb– bero non aver mai fine. Il ricordo che più s'impone è quello ùel Joyce di certi interni di redazioni e di botteghe dublinesi, dove il fatto più minuscolo_, la frase più comunale a tratti si dilatano e ingigantiscono, diventano aocenni e simboli d'una misteriosa informe realtà. che li partorisce e li trascende. Ma nel gotico e gelido temperamento del Joyce, nel suo allucinato realismo, quei trapassi acquistano l'accento d'una mostruosfy « epica del quotidiano>> di cui nel Vittorini manca qualsiasi premessa: così che, nel nostro scrittore, il gioco resta gra– tuito, e tutt'al più prftel'lto. a quaJche acuta osservazione psicologica, a qualche sottile movimento lirico. Sottratta, da un lato, all'eccessivo piétinemrent sur place analitico, dall'altro, alle indeterminatezze di un tema largamente. autobiografico (il protagonista, nelle novelle di Adolfo, è ,del tutto indefinito, ,semplice portavoce dell'autore, o, meglio anc6ra, geometrico luogo d'incontro di frammentarie impressioni e riflessioni) e rkondotta alifine in alvei più -pro·priamente narrativi, la vena del Vittorini fa migliori riuscite. A certe figure femminili, -- la Signora della· stazione, Lisetta di _Sola in casa, Giulietta di Cor11iugi ç1, letto,. - dove il giovane scrittore può sfogar,e -un -suo gusto francamente sensuale, insieme candido e malizioso, a tratti leggermente perverso, non si può negare l'impronta d'una mano felice. Potrà qualcuno osservare che il « monologo interiore» della Signora della- stazione non riflette certo i pen'sieri ordinari d'una piocola bor– ghese, giovane sposa di provincia, ancora legata ai ricordi dell'infanzia e insofferente dell'autoritario marito. Ma il Vittorini non ha già in– teso di -disegnare un bozzetto, bensì di dare una ,sorta di trasfigura– zione .:fiabesca di un. momento di realtà. Non è una donna che parla, ma la bella carne, i freschi i--ensi d'una donna, tutto quanto d'indefi- . nito, di larvale e d'inespresso s'agita al fondo d'una gioventù prepotente e semi-inconscia: è l'autore che presta la sua voce a que~ti sommessi trasalimenti e vagheggiamenti del senso, che trasfigura la nostalgia del– l'infanzia nell'approdo a un'isola deserta, come nei libri d'avventure; che, ad un dato momento, impersona questa ,sua immagine d'una gio– vinezza incorrotta e quasi vegetativa in una vispa figura di servetta: « .... In una pentola di contentezza bolliva, appena, sorto il sole, col canto dei galli, il suo cuore. Aveva una voeetta da monella, ma,lgrado contasse diciott'anni, e tutto il dì lanciava stridenti· gridi di g ioia, lunghi chicchiricchì. Perché? Aveva sorpreso una vespa cozza.re lungo il vetro e -cadere giù goffamente 'come una brutta zitella'. Aveva s chiac– ciato due mosche accavallate con un solo pugno .... ». In Coniugi a letto, altra delle migliori novelle del libro, l'indeterminata orchestrazione è chiamata a sostenere il dialogo: ed è qui notevole la felicità con cui l'au– tore trascrive le battute della, commedia quotidiana per ordirvi attorno il suo candido e ironico commento. Anche qui l'intenzione fanciullesca– mente caricaturale, sottolineata, ne1la figura del capostazione, s'am– morbidisce in attimi di poesia: poesia delle esistenz,e mediocri e tran– quille, del benessere provinciale, del caffellatte mattutino ; gioco som– messo di capricci sensuali nello scorrere delle ore uguali e grige, dove BibliotecaGino Bianco

RkJQdWJsaXNoZXIy