Pègaso - anno IV - n. 6 - giugno 1932

762 E. VITTORINI, Piccola borghesia mare, nel giovanissimo narratore, una qualsiasi dipendenza diretta da quegli autori bensi soltanto una somiglianza di clima morale e lette- ' . rario di cui comunque bisogna tener conto. Clima morale e letterano «europeo>> che, per quanto oggi si enuclei massimamente in quei due nomi d'altronde diversissimi tra loro può in qualc.he modo ravvisa1·si ' ' . in alcuni altri scrittori, analitici o meno, il cui ricor do pure Cl soc- corre per individuare il teinperamento, del resto vivacissimo e per.sonale, del Vittorini: il Larbaud dei « monologhi interiori>> (Amwnts, heureuw arnants), la vVoolf, e probabilmente anche la Mansfield o l'Hughes del Ciclone alla Giamaica per certe risoluzioni infantili e fiabesche. Con ciò, s'intende, non si vuol catalogare definitivamente uno scrittore alle sue prime armi, ma soltanto disegnare i contorni grossolani di quella topo– grafia letteraria dove può essere collocato un suo primo sommario profilo. Nel Vittorini è dunque anzitutto da notarsi la disposizione ana– litica e diffusiva, intenta a rintracciare paradossalmente l'ossatura e la necessità del racconto proprio nell'estrema contingenza delle nota~ioni, nella ricerca del colorito volubile dell'attimo, nell'uso di quel « rallen– tato» che, come riei films, costituisce già di per sé una fonte di pro– spettive impensate e d'imp11evedute « disarticolazioni» della realtà. Il piano dove si svolgono i suoi racconti è quello labile e semi-inesistente delle intenzioni, delle velleità, delle fantasticherie, delle « avventure interiori » che non sopportano risoluzioni- drammatiche come non am– mettono quei significati morali che ne sono il necessario presupposto. Non per nulla la sete di vivere, la gioia di vivere di questi « piocoli bor– ghesi» del Vittorini si esaurisce in un semplice gioco d'immaginazioni, al cli qua del bene e del male: gioco che l'autor-e sembra compiaciu– tamente spiare allo scopo cl' interv-enirvi al momento opportuno per sostituire accortamente i suoi sentimenti e le sue riflessioni a quelle dei personaggi. Ciò comporta, spesso, svol•gimenti gratuiti è inessenziali a,l tema: equilibrismi, arabeschi che vorrei chiamare sperimentali, in un campo dove l'arbitrio è la règola; ma purè, nei momenti felici, la– scia luogo ad una vena di lirismo fantastico e tenero che mi sembra, attraverso quanto cli immaturo e di indefinito presenta ancora il tem– peramento di questo scrittore, il tono più genuino e suo. I racconti dove l'atteggiamento «sperimentale» appare più evidente, sono quelli che compongono la siiite cli Adolfo e il suo noviziato di segre– tario di ~refettura (Qitindici minuti df ritardo, Educazione di Adolfo, Raffiahe in ;prefettura). In questo tentativo di rivivere in modo nuovo una materia che -da noi non aveva trovato altro che soluzioni bozzetti– stiche e umoristiche di genere secondario, e di rielaborarla secondo le mi~e dell'alta letteratura « europ~a » alla quale s'è accennato, egli ha fimto con lo scavalcare troppo rapidamente il fosso, e col cacciarsi nelle macch~e senza uscita dell~ divagazione analitica e riflessa, dove la ragion narrativa scade a semplice pretesto. Qui il «rallentato» in luogo di dar,ci un attimo di vita in movimento nelle sue sfumat~re segrete e 1)rofonde, non giunge che a disegnare un composito arabesco. Queste figure d'impiegati, d~ ~api-uffici~ e di portieri, colti spesso nel loro lato appunto bozzett1shco e cancaturale, secondo la tradizione della BibliotecaGino Bianco

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