Pègaso - anno IV - n. 6 - giugno 1932

P. DRIGO, La signorina Anna 759 Paolina persuade assai, di pm de La signorina Anna. E l'autrice ha, ragione -di negare, in una delle due pagine di prl:lmessa a tutto il vo– lume, d'aver introdotto in quel racconto cc H proposito e lo spunto di una battaglia>>. Il ritorno del marito della protagonista, dopo che ella, abbandonata da lui, per. -sfamare la propria bambina è passata a vi– vere con un altro e ha me,ssa al mondo un'altra creatura, può far pen– sare all''opportunità del divorzio, ma anche può mostrare, nella situa– zione tra.gicamente insolubile, il perché _di certe umane leggi, spietate in apparenza, in sostanza provvidenziali. Né la narratrice sarebbe riu– scita cosi felicemente ambigua, se il suo prob1ema non fosse stato d'ar– rivare, prima e solo, alla tragedia della situazione insolubile: cioè un problema ·d'artista. Qui, se mai, c'è il vero che si articola e .si congegna un po' in vista di quella catastrofe. Ma il gusto (!ella Drigo non è per il pezzo di vita alla M'.ans:field. Articolazioni e combinazioni a parte, Paolina resta un bel racconto. Ed è quello che ricorda più cli tutti La Fortuna (1913) e l'altra raccolta, Codino (1918). Ne ricorda un motivo dominante, - della maternità e,roica e straziata, - e quel– l'arte cli passar senza scosse, e, pur traendone il massimo effetto di contrasti, dall'humour al realismo più squallido. Or vorrei che _questa recentissima raccolta valesse a rimettere in circolazione le altre due, ch'ebbero festose accoglienze al loro ap,parire, e poi caddero un po' in dimenticanza. Ohi rileggesse per esempio L'amore, - terza delle novelle, _della prima raccolta, - dinanzi a tanta evidenza e terribilità, frutto di una vigilanza prodigiosamente attiva nel tirar fuori i lineamenti della tragedia ,secondando le rughe -d'un ma– scherone da commedia, può darsi si chieda come mai Paola Drigo at– tenda. anc6ra la fama che si merita. PIERONARDI. ARNALDO FRATEILI, Capogiro. Romanzo. ~ Bompiani, Milano, 1932. L. 8. Anche Arnaldo Frateili, dopo molti anni di critica militante, ha voluto fare il salto dalla critica nell'arte narrativa. È questo un segno dei tempi, che mostrano una tendenza ormai chiara verso le forme narJ.'ative, o è un caso particolare dell'autore? Comunque, è un salto sempre periglioso, il pìù difficile an:;,;i, oggi, per un critico: perché se nella poesia, odierna c'è quel tanto d'intellettualismo e di autocoscienza che in qualche modo l'avvicina alla critica (e il caso di poeti che sono a un tempo ottimi critici è frequent~ non solo da noi, ma. anche in Francia, in Germania e in Inghilterra); e se nella prosa abbiamo, ge– nere tutto nuovo e moderno, i brevi componimenti tJ.'a fantasia e cultura, nei quali lo stesso nome cli <e saggi>> indica le parentele e la derivazione; nella narrativa, invece, vi sono giuste esigenze d'invenzione, cli sciol– tezza, di umanità, che sembrano farla-il genere più lontano dalla critica. Tuttavia non si direbbe, dopo aver letto il romanzo di Frateili, che egli abbia tratto, dalla lunga professione cli critico, impacd soverchi; c'è in lui una specie di facilità, a-nzi di disinvoltura, al racconto e, se mai, c'è da meravigliarsi a pensare come dalla critica egli non abbia derivato ma,ggiori esigenze d'arte. Ma dì queste parleremo poi. BibliotecaGino Bianco

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