Pègaso - anno IV - n. 6 - giugno 1932
756 A. BALDINI, Amici allo spiedo con lo stesso animo e e.on la stessa. grazia, è riuscito infatti a comporre due « invenzioni ll e una s orta di « divertimento ll, da signore delle let– tere. Era tanto sicuro di muoversi qui a suo agio che, sorvegliandosi meno è perfino caduto in qualche difetto : ricordi di arzigogolature ri– mastigli dalla gioventù, e dalla frequenza con certi discorritori notturni masticatori dell'intelligenza russoluta. Ma ha trovato, in compenso, un modo suo di darsi, di lasciar,si portare dall'argomento, e un fare largo di frescante. (La gratitudine c' è pur entrata per •qualcosa). Da Panzini egli ha appreso, secondo il gu.sto suo s'intende, una certa le– vità di tocco, e esprimersi con nulla; e da ,Spadini quel guarda~e quant'è possibile la vita, con· animo sgombro e con occhi apertissimi: « Per vivere la sua vit!li tutti i momenti egli non aveva bisogno d1 scendere da nessuna impalcatura l>. Che pare un mea oulpa confessato per i suoi lontani peccati. Sulla impalcatura, e alta da terra, orgogliosa, era stato solito di salir spesso nei prim'anni, tenendovisi a mala pena, in bilico, eppur resistendo, per non parer secondo ai più bravi. E serisse pagine capziose e sottili, che un giorno si dovranno ricordare fra le de– strerie meglio riusc.ite di quella stagione; ma non era Bal-dini quello. Oggi egli, come il suo Spadini, bravo ancora è, ma « bra,vo in piazza, se Dio vuole», e non ha « segreti di laboratorio». (Risulterebbe che, tra i suoi libri, non possiede, e non se ne rammarica, il Dizionario T·om– maseo-Bellini in sette tomi). Perché Baldini, la sua lingua., se l'è imparata sµ pochi scrittori che ha familiarissimi, piano, secondo il suo genio, e come un buon alunno delle Muse. Non pone nei suoi scritti quell' i< attenzione ll e « uso di lima ch'è miracolo se qualche volta ci Sii.arimasto sulla pagina ancor tanto da esprimere qualcosa». Questo -è un modo che gli piace certo, in Panzini, e ama contrapporlo all'eleganza massiccia di altri stilisti; ma in lui c'è un che di più vivo, franco e familiare. Non compone per J...... frammenti, divagando, ma sta fermo al gusto del rappresentare per 11-- figure. Ha oerte delicatezze che ha imparate dai pittori ( « la veste rossa di Masin della Clotilde si riflette in ogni canto e tinge di ros,so per.fino il soffitto ll), e dai pittori più ,pittori, quel realismo netto di dipingere un volto, una smor,fia, un p_articolare da nulla,, capace. di rivelare un moto interno non avvertibile da occhio grosso. Ecco Barilli, Civinini, Croce. « Aveva la faccia di chi viene alla luce da uno scavo dell'antica Vejo ». « Quelle sue narici spugnose di asinello selvatico». « Suo dolce sogghi– gno di falsQ addormentato». Fatta alla fine tacere quella sua gran pena d'essere letterato solo, e dovere adoprar le parole affilate a giudicar sem– pre, camminar guardingo tra i pericoli, non gli par vero di rifarsi uomo, uomo tra gli uomini, e provarsi a lasciar di loro un ricordo sulla pagina. Allora Baldini c oncede alla c ommozione, senza esserne impacciato; e può confessarsi e fantastica.re. « Se io fossi papa .... l> : un giorno ecco gli nasee •questo s trano deside rio, e finge per.fino di nominare i su~i car~ dinali, e di tener loro questo discorso : - Tu, Bellonci mi farai la po– litica, ma, bada, ruiente d_onnequi (e_si sa che proprio l~i, Baldini, ama le donne, che ,se fosse pittore non farebbe che dipinger sempre donne belle). E tu, .Spadini, attacca al chiodo il tuo cappello e dipingi (for.se per far dimenticare d'aver lasciato il mondo). E tu', Barilli, f ammi BibliotecaGino Bianco
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