Pègaso - anno IV - n. 6 - giugno 1932
746 E. TUROLLA, Orazio discendenti, umani ed ironici, ed uno « sg11ardo affettuoso e malinco– nico un miscuglio di commozione sentimentale e di freddezza dialet– tica'.>. Nella sua arte (< l'aria è quieta fredda e chiara; il del o pallido ma sereno>>. Negli ultimi anni egli giunge all'avversione implicita in tutta la filosofia post-socratica per la poesia, quale attività priva di va– lore pratico; e tuttavia nel dirlo, come nell' Ars poeti.ca , egli è_poeta al modo stesso che nelle Epistole o nelle Odi, perché la sua poesia con– siste tutta nell'ebbrezza di uno stato d'animo avverso alla ipoesia. Di questo ,schema critico molte parti ci sembrano interessanti e coincidono con la poesia d'Orazio. La rivendicazione dell'altézza morale della « mediocritas >>oraziana, l'analisi anche di quella catarsi a, ro– vescio che è il realismo d'Orazio, ci trovano consenzienti. Ma non si può nascondere che lo schema critico che il Turolla ha fornito ,è utile per innumerevoli altri poeti. Nemmeno la critica· del De Sanctis ,è immune da questo vizio: ma, più sensibile e astuto, il De Sanctis si guarda dal citare accanto alla pagina critica i nomi di tutti i poeti a cui si potrebbe applicare: mentre il Turolla, più ingenuo, cita ,Goethe, Ba-udelaire, Shelley, Carducci, e non s'accorge che la compatibilità di questi nomi con quello che scrive su Orazio prova la scarsa aderenz.a della sua critica. Le due parti di cui può consistere uno studio ,critico, l'esame ge– nerico del sentimento dell'epoca, e quello particolare di come e dove ciascun poeta lo rifletta, sono confuse nel 'furolla. Il sentimento d'Ora– zio acquista così l'ampiezza del ,sentimento di tutto un periodo storico, e non solo di es,so, ma, ,delle deduzioni. e sviluppi. che se ne possono trarre, e furono tratti ·dalla storia sue.cessiva. Lo schema del Turolla è per Ora– zio e per qualunque poeta un vestito troppo largo. La s,tonatura s'av– Yerte poi specialmente quando il Turolla vuol comprovare lo schema critico con l'esame dei versi, cercando cli persuaderci che tale dieresi, tale cesura, o la preferenza data alla strofe ,saffica soipra l'alcaica, ,son cose indissolubili dal sentimento della rinuncia o dell'avversione al do– lore. Bisognava cogliere l'ispirazione d'Orazio nei versi, entro i suoi limiti e nel vivo, non già scendere ai versi per comprovarvi un'idea generale: e il Ti:trolla, facendolo, l'avrebbe colta nell'aspetto mode– rato e complesso che prendono i sentimenti reali, anziché condurla a quegli estremi eroici che, confrontati coi passi d'Orazio, ci fanno dire: giusto, si, ma un po' troppo. Non è vero, aid esempio, che Orazio insegni a rifiutare la vita attiva: Orazio insegna solo a moderarla. Se fosse par– tito dall'esame concreto della poesia d'Orazio, il Turolla avr,ebbe anche capito il valore delle poesie civili, a dui s',è accennato parlando del l\focchino: valore ch'egli, correndo ·sopra lo schema della rinuncia e della ,solitudine, nega interamente. E finalmente· si sarebbe astenuto da certi passi ed espressioni di tono anacronistico, utili forse, per un poeta. romantico, ma non per Orazio, forse adattabili allo schema del Tu– rolla, ma non a Orazio : come nel passo che definisce la solitudine ora– ziana « un paradiso artificiale>> (p. 23), o in quello che rende dramma– tico il ,suo spaven!o p~r l' « abisso dell'irrazionalità>> (p. 38), o nell'altro anc6ra- che desicnve 11 podere oraziano come un « paradiso terrestre>~ dove Fauno e le Muse « fanno l'incantesimo>> (p. 158). Chi ha orecchio sente l,a stonatura : pare giusto, e non è. BibliotecaGino Bianco
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