Pègaso - anno IV - n. 6 - giugno 1932

736 E. Vittorini sa.ggi sul clericalismo in provincia e sul gran mondo a Parigi int_orno al 1832 · Luaien Leuwen come altra serie di saggi sull'aristocrazia le– gittiÌni~ta, la borghesia ministeriale, e le elezioni sotto il regno di Luigi Filippo. In tal senso le due prime fatiche· romanzesche di Silvio Benco non sono del tutto perdute. E in tal senso Benco sapeva già essere scrit– tore adeguato al proprio ingegno in quegli scritti di giornale che dal 1903 al 1914 apparvero sul Piccolo e il Piccolo della sera; una scelta dei quali costituisce il volume La corsa del tempo. Scritti, codesti, non propriamente di critica letteraria o artistica. o di politica, quali sembrer,ebbero a prima vista; ma indagini culturali e analitiche, spesse volte iridate di bagliori lirici. Indagini in profon– dità, non in ,categorie; e tali che in ogni caso vien fuori toccato a se– gno Io spirito europeo di quel ventennio. « L'articolo di Silvio Benco è fine, avveduto (scriveva il Pancrazi nel volume Venti iwmvnii, ,u,n satiro e un b'ltrattino): senza mostrarlo, presenta una questione (siano gli elementi di bellezza di un'opera d'arte o i termini di un contrasto sociale) nei suoi risultati ultimi. In quell'aria, più che l'antitesi e il contrasto, ,è facile l'avvicinamento dei contrari, talora l'identificazione: e nasce involontaria, implicita, l'ironia .... ». Pure, più che l'ironia, hanno forza in quegli scritti del Benco, phità e s,impatia µmana; sicché lo scrittore appare pienamente _impegnato alla comprensione, alla com– ·passione, anzi, del suo tempo; di cui giustifica tutto. Lo vediamo, in particola,r modo, dalle compreru;ioni letterarie: la poesia di D' Annun– zio, la pittura di Klimt, l'arte scenica della Duse o della Guilbert; mentre il genio romanzesco di Italo Svevo, così superiore e talvolta spie– tato nella rappresentazione di quel mondo, non trovava in lui, amicis– simo dello Svevo, che un modesto tributo d'affetto. Oggi, questa attività «saggistica» del Benco, mancata al suo animo la rispondenza del mondo suo spazzato via dalla guerra, è venuta pre– cisandosi e limitandosi in funzioni di critica letteraria; e certo si è di– minuita di molto se si pensa alle vaste zone di umanità che una volta egli amava percorrere, ai fondi vitali che toocava, alle prospettive intel– lettuali o sociali di cui si rendeva signore. S'è fatto persino seettico. Attento con curiosità e interesse al baldanzoso sviluppo della giovane letteratura non ha però preferenze e, appena lo persuada la bontà in– tenzionale di un'opera, a, ognuno concede la fiducia del suo giudizio. E nulla ,come la liberalità di fiducia denuncia in un critico lo scetti– cismo; l'uno e l'altra pienamente giustificati nel Benco per il carat– tere psicologico e culturale della su:a critica. Ma il « .saggio >> di Benco ha saputo diventare, una volta, romanzo; altre volte, storia .... E proprio per le sue qualità di «saggio». Qualità intellettuali; alla cui origine, però, c'era un'istintiva tendenza ad ap– profondirsi e distendersi, a guadagnare aria nella fantasia. Due volte, come s'è visto, nella Fiarwma fredda e nel Castello dei desideri, il Benco tentava di far fruttare questa tendenza e mancava per poco. Una terza volta riusciva ed era nel romanzo Nell'atmosfera del sole, scritto durante l'internamento a Linz sul Danubio, tra il 1916 e il 1917. Che l'ispirazione di questo romanzo sia saggistica non r- nem– meno da discutersi. Vi è chiaro che allo scrittore importa sopratutto BibliotecaGino Bianco

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