Pègaso - anno IV - n. 6 - giugno 1932

732 U. Ojetti durare anni, l'importante è che al punto di spìccar,si da terra né uomini né motori sìeno arrugginiti._ Ma questi sono fatti che tutti sanno. Ciò di ,c~ì p~chi s:av;7edo_no è il contagio della paura e ~uesto ag~r.avare col pamc? i mah d_og~i e fin– gersene dì ,probabili e d'improbabih come fossero già presenti e m atto. Io gl'immagino si che già li sento: Non parlo soltanto di noi Italiani, ma di tutto il mondo che si cbiama civile; e il peggio è che la paura, si veste da uomo e prende il nome del co-raggio. Non è il coraggio la forza d'un animo capace d'im– prendere cose grandi e ardite e, per raggiungere un nobile fine, d'afl'ro~– tare pericoli e dolori ? Ma pericoli reali han da essere e ,sventure tangi– bili, non ipotesi, fantasmi, incubi e terrori notturni. Ad ogni istante, a Parigi come a Milano, s'incontrano ricchi che son divenuti sordidi per,ché le loro rendite copiose ,sono diminuite di poco, mettiamo d'un terzo; ed essi accrescono il disa,gio di tutti spendendo un quinto di quanto potrebbero ancora spendere senza fatica, e nascondendo nelle casse tutti i biglietti da, mille lire o da mille franchi che la, loro avarizia accumula gemendo. E a Roma come a Londra trovi uomini che hanno cura d' anime, capì d' industrie e di commerci, insegnanti, scPittori, anche gente, più o meno, dì politica e di governo che non danno e non accettano più un'idea nuova, non aiutano più un'impresa:, fosse pure con una parola, non miglioranò più le aziende o gl'istituti loro affidati, perché aspettano seduti il finimondo e nel naufragio badano a salvare soltanto la loro pace e salute, salvo, s'intende, a giurare che agiranno da eroi quando, finito questo mondo, incaricheremo loro, proprio loro, d'inventarcene e di fabbricarcene un altro. E mentre l'operaio disoccu– pato, almeno quello italiano che non ,s'adagia nella schiavitù della mi– nestra gratuita e del sussidio, aguzza l'ingegno per mutare mestiere e trovarsi qualche ora di lavoro e qualche lira di paga e dar pane e ricovero ai suoi, proprio i borghesi e i cosi detti intellettuali s'impigriscono e si rass,egnano al « non c'è niente da fare». - ,Sa quale è il più gran male di oggi ? La mancanza della fantasia, - mi diceva giorni addietro uno dei più alti industriali tedeschi: - Proprio in questi anni di diffi– coltà gl'inventori, specie quelli delle industrie meccaniche, non sanno inventare più niente. Dicono che non vi sono più danari per attuare le invenzioni nuove, e sopratutto per pagarle bene: e diventano def buoni impiegati, l'occhio ai registri e all'orologio. - Ascoltandolo io pensavo a taluni scrittori che noi ·ancora chiamiamo poeti, e alla definizione che due secoli fa un francese dava dello scrittore: - M é– tier d 1 ooteur 1 métier d 1 oseur. - Ci vedesse oggi, amico mio .... Paura, paura, dovunque ti volti, e voci .sommesse come intorno alle ag~nie, e ogni mattina e ogni se:i:a una trepida occhiata al giornale, se mai annunci il cataclisma o il miracolo : il quale miracolo, se non ce lo facciamo da noi, credo che Dio non abbia davvero l'intenzione di elar– girlo a un'umanità cosi piatta. Ma tutte queste maschere di coraggio, di prudenza, di senno, di buon se~~o, perfino di disciplina che assume la paura sembrano ancora tollerabili al confronto della nuova teoria dei cosi detti pratici i quali BibliotecaGino Bianco

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