Pègaso - anno IV - n. 6 - giugno 1932

Il ponte di Santa I,osanga 727 - Con piacere, - risposi. Ma trovai modo, lasciandola dire, dli apprendere qualche cosa, di più positivo, e cioè che essa abitava in una grotta vicino al santuario e che suo marito e sua sorella erano quegli stessi due zingari, di cui avevamo fatto la conoscenza a Santa Losanga. In quel frattempo, scorsi· Arcipaolì che pareva cercarmi collo sguardo. - Arrivederci! - gridai alla zingara e raggiunsi l'amico. - Dove ti sei perso ? - mi domandò quello bruscamente. 1Mi hai fasciato solo con quel tanghero di Fossiglione che m'ha fatto cascare il pan di mano coi suoi lavori, con le sue macchine e col diavolo che se lo pigli. ... Arcipaoli non era evidentemente di umore giocondo ; ma quando lo ebbi messo al corrente di ciò che avevo saputo, mutò faccia e colore. La zingarella di Santa Losanga? Era proprio l'oggetto che lo faceva spasimare e guardarsi attorno con quel buzzo d'uomo deluso e scontento. Risolvemmo di andare prima di sera a scovarla. L'osteria dove avevamo preso alloggio era posta su di una bella strada fiancheggiata da due file di alti pioppi e di quercie. Dalla. via si entrava direttamente in cucina, di fianco alla quale l'oste me– desimo teneva una bottega di pizzicagnolo ; dalla cucina si passava in una stanza semibuia, senz'altri arredi che due lunghe tavole e quattro panche primitive, su pioli conficcati nel pavimento. Ma per gli ospiti d[ riguardo c'era una saletta speciale al primo piano, sti– pata di mobili, cosicché a stento ci si poteva muovere ; t3!vola ro– t()nda, armadio, due letti di ferro, parecchie sedie, bacinelle e sec– chie; poiché serviva a un tempo per .mangiare e per dormire; mangiando ci si sentiva un tanfo di dormitorio, a dormirci si re– spirava un lezzo di cucina ; dalla finestra poi saliva un sito acutis– simo di porcile e di pollame, talché, per dire il vero, le altre sfuma– ture, appena si avvertivano. Ebpimo la grata sorpresa, quando ci mettemmo a tavola, di vederci serviti da un bel tronco di ragazza, colorita in viso, rozza nei modi, ma dai lineamenti puri e scultorei; un campione di uma– nità fatto per un concorso di eugenia. Tra una ciarla e l'altra, apprend'emmo che l'osteria era stata nella notte visitata dai ladri: questi s'erano procurata una chiave falsa della porta che dava sul rustico, erano penetrati nella botte– guccia e avevano vuotato il banco e fatto man bassa sul lardo, le scatole di conserva, lo zucchero, il caffè e quanto c'era di buono. Il padrone dell'osteria; uno zotico sessantenne, che passava per danaroso, venne lui stesso a parlarci della trista faccenda, men– tre prendevamo il caffè. - :m la seconda volta che me la fanno, -:- diceva, - e sempre BibliotecaGino Bianco

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