Pègaso - anno IV - n. 6 - giugno 1932

724 M. Viscardini non c'era da pensarci; non appena l'ebbimo caricato sulla vettura, si addormentò pacificamente e cominciò a russare. Noi eravamo lì, a guardarci l'un l'altro; la macchina silenziosa e inerte, piena dì forza, ma senza padrone, pareva deriderci coi suoi occhioni di cristallo. È ·doloroso confessarlo. Due ingegneri del nostro calibro, sa– turi di calcolo sublime, di chimica, di fi,sica, non sapevano mettere in moto una modesta automobile postale. Una montanara che ci notò in quell'ambascia, esclamò: - Eh, signorini! Magari fossero buoi! Ci penserei io a farli andare!. .. E dire .che noi non avremmo saputo probabilmente far cammi- nare neppure quelli ! . ' In mancanza di meglio, risolvemmo di procedere per tentativi; Daniele andò sul davanti adl avviare il motore;. a un tratto la vet– tura si mise in moto e per poco non trasformammo il povero Fos– siglione in uno scaloppino. Arcipaoli, sentendo la macchina cor– rere, senza sapere anc6ra con esattezza come fermarla, sudava freddo e bestemmiava, tirando e spingendo, a casaccio, leve e pedali. La vettura procedeva a, zig zag copie i serpenti ; la ruota sgonfia provocava il tinnire clamoroso dei vetri, le donne strillavano im– paurite; Daniele ci rincorreva grid'ando. Più che un servizio po– stale, il nostro si sarebbe detto un carro di anime dannate. Fortuna volle che, sorpassati un centinaio di metri senza disa– stri, a uno svolto della strada ci trovassimo davanti un grosso muc– chio di ghiaia, sul quale ci arenammo. Per via non si vedeva alcuno; .Io chaiiff.eur continuava a russare come se la cosa non lo riguardaJSse punto. Discutevan:10 incerti sui possibili rimedi, quand'o ci sentimmo interpellati da un monello, arrivato da non so dove e poco più alto di quattro spanne, il quale, con aria un tantino beffarda, ci disse: - Che state aspettando '? Non sapete portare la macchina ? - Proprio così ! - Volete che la porti io ? Alla proposta del ragazzo, il quale, nonostante i pantaloncini troppo lunghi e una cravatta sbarazzina, non mostrava più di tre– dici o quattordici anni, ci guardammo con un sorriso incredulo e scuotemmo il capo. - Che vuoi portare tu ? - fece Daniele con un gesto di supremo disprezzo. -.- Credi che sia lo stesso come giocare al paleo o a sa– limpendolo ? - E ci spiegò che il ragazzo aveva servito qualche tempo sull'automobile come fattorino, e siccome stava sempre vieino allo chauffeur, si era messo in testa, evidentemente, di saper gui– dare. - È una speranza fuggevole! - concluse. Mettemmo tuttavia alla prova la competenza del ragazzo, facen- BibliotecaGino Bianco

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