Pègaso - anno IV - n. 5 - maggio 1932

560 A. Stanghellini niano u1110 che ,s'allom.t8Jlla,che si perde, che si vorrebbe raggiungere e non si p,uò. Quando questo accade illei sogni, si rimame senza respiro. - Certamente l'affetto pater1110ti fa velo i111 questo momento_, - concesse Roberto se111za voltarsi. E pareva che si trasci111asse . l'a.mioo come un peso morto, per quella strada dalle siepi alte, dove i111 cima e in fondo non c'era che lui. - E p,oi di una malattia si guarisce. Hai voglia-a medici, tu. Quando, i111vece, hai speso de– nari sopra denari a costruire case, a migliorare terreni, quartieri e ti credi di raccogliere il frutto delle tue fatiche, - tanti quar– tieri t8Jllta reindita - e poi d vedi soffiar via tutto .... è amara, ' . ' -credimi, è ama,ra. _ . Giorgio fu per prorompere: « Muore, sai; io sooto che muore». - Tutto, - ripeteva Roberto, accanendosi. - Nella migliore -delle ipotesi, rima,ni come prima. . Giorgio voleva urlare: << E se muore il mio bambi1110, anche mia moglie muore. :È ridotta un'ombra dalla pena. U111 soffio la porterà --via. E io che farò? Come continuerò a vivere?». Un groppo gli saliva alla gola, pareva che lo soffocasse. Poi ridiscese, si disfece nel petto, lasciandogli U1I1 indolenzimento lieve. Allora disse oon una voce che lo stupi, tanto era fredda, incolore: - Bada, s'è ri– messo a piovere .. - Lascia 8Jllclare. Bene per le semine. Le bestie così hrun da mangiare. - Io lo sapevo, - riprese Giorgio, convinto di non mteressare nessuno, - che il tempo cambiava. - Il mio ginocchio di guerra. Quaindo crocchia, è segno ·certo. Fu uno strappo muscolare, da prima. Poi l'umidità della trincea. Che i:iotte fu quella! - :S'inter– ruppe a un rumore che non sapeva se venisse ·di molto lont8Jllo o di molto vicino. Pareva u111a raganella che gracidasse loota t8Jllti 00000 oon uno 13volazzo ÌIIlcima. Guardò per caso il corpo di Roberto e gli parve di vedere per l'intestino il liquore che traociava u111 solco di fuoco. A un sussiùto del ventre vide ballare U1I1 ciondolo della ca– tena d'oro. 1 Ma la visione di quella ~otte continuava a svolgersi lo stesso davanti a lui. Tra la doppia alberatura delle acacie, doveva alzar gli occhi e guardare il cielo per esser sicuro d[ mantenersi nella strada giusta. I soldati lo seguivaino immersi 111ell'oscurità. << Te– nente, stia più sotto col suo ploto111e ! >>. La voce del maggiore li a,veva destati tutti. Avanti, avanti. Di corsa. I passi pes3Jllti, ap– pena riuscivano a staccarsi da terra. Le gavette tinnivano ed era l'.unico suono un po' allegro nella notte. E, a un tratto, il piede impigliato in una matas,sa di filo spÌIIloso, scivolato forse da un camion. Il breve grido che segnava il leggero strappo muscolare, 111ello sforzo rabbioso di nOIIlcadere. Poi la marcia di molte ore, e colla gamba anc6ra calda pareva che di tutto non rimanesse che BibliotecaGino Bianco

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