Pègaso - anno IV - n. 5 - maggio 1932

551 perché tradotta in sentimento, non mai versata in dialettica. Questo cupo merid!ionale, i cui progenitori devono aver visto da vicino i roghi di Provenza, non si limita a considerare il mondo come una valle d!i lacrime: è concetto, questo, che implica il premio, la beatitudine post mortem. Tale sarebbe se la sua penna apocalit– tica sapesse dipingere a foschi e complessi colori, più che l'interno dei protagonisti, il tumulto esteriore delle passioni e delle vanità. Per esempio, il Léviathan di Julien Green, - spirito venato della tradizionale e tormentata religiosità francese, - senza far parola di Dio e della vita futura, offre il miglior esempio di pessimismo cristiano, di un pessimismo che sa risolver,si in una visione rasse– renatrice della redenzione: l'orrore stesso· del paesaggio descritto, dei fatti narrati, delle passioni analizzate suggeriscono l'idea d'una vita sviluppata non più dalla passione ma dall'amore. Persino il retorico Bernanos, che si nutre degli spiriti di Léon Bloy, ha dei tratti di trepida gioia nel de·scrivere come la semplicità del curato di Lumbres sconfini nella ,sapienza del santo. Invero, nel gruppo degli scrittori francesi misticheggianti e tradizionalisti, solo -Mau– riac anima i suoi racconti di quel pessimismo integrale che i catto– lici condannano sotto nome di disperazione. Vera disperazione, anche perché risulta meno dai colori esteriori e più dalla essenza stessa dei personaggi: egli dispera nori. solo del mondlo, ma degli uomini. Jean Péloueyre, che si riattacca disperatamente alla vita per aver intravisto accanto alla moglie un uomo giovane e bello, il suo ripensare con nostalgia al piacere della caccia che pure, in certo modo, avrebbe potuto accompagnarlo in quella vecchiaia che eguaglia tutte le miserie, mostrano che l'ultimo peccato può essere anche il fatto stesso di vivere. Ma la vita non è imposta dalla vo– lontà divina ? persino que,sto è dimenticato, poiché vivere non è possibile senza peccare. S'intravede, in qualche figura talvolta appena accennata, in Augustin di Préséances, in Pierre di Destin, in Alain di Oe qui était · perdu, che la salvezza secondo 1 Mauriac consiste solo nella morte volontariamente incontrata in servizio della fede. Si pensa ai martiri di· fronte alle belve, ai missionari che muoiono nella savana. Quanto Mauriac abbia realizzato artisticamente questo singolare e intenso stato d'animo si può vedere proprio in quella che Thi baudet chiama assenza di logica, e che è abbandono nella pura in– tuizione, nella pura estrinsecazione dei sentimentL Le baiser aum lé– preum e Geni.trim sorgono liberi e unitari dalle scorie che anc6ra tur– bavan Préséances : essi riescono, nella semplice e lineare esposizione dei fatti, a illuminare il tumulto interiore di anime complesse. Mau– riac non spiega, non teorizza, non svolge una tesi, nemmeno quando ha dia porre innanzi la figura allucinante di Thérèse Desqueyroux . . BibliotecaGino Bianco

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