Pègaso - anno IV - n. 5 - maggio 1932
640 O. Tumiati - -Merlo, basta. Non ti do più un soldo. Questa non è la Con– gregazione di carità. Devi trovarti un'occup,azione stabile. Mi ha guardato serio serio con quel suo grigio volto impastato di fame e d'insonnia e mi ha detto : - :m l'ultima volta, parola mia d'onore. Ho trovato. - Cosa hai trovato ? - Stamattina giravo intorno alla stazione per veder di portare qualche valigia senza che i facchini se ne accorgessero (canaglie come i poveri con i poveri non ce n'è, sa) e ho visto un frate che saliva in tram. Gli sono andato dietro, gli ho girato un po' intorno e poi gli ho chiesto se aveva bisogno d'una guida: « Si, si, figliolo>>, m'ha detto, « vieni con me)). :m disceso al centro e io dietro con la sua sacca. S'è fermato a una trattoria e ha voluto che mangiassi eon lui. Proprio alla sua tavola. Alla fine, m'ha chiesto : « 1\ferlo, verresti in convento ? >>. « Io ? Domani>>, gli ho risposto. « E allora)), ha detto lui,« trovati qui dlomani a mezzogiorno. ·Bada d'aver qual– che soldo per il viaggio>>. Cosi siamo rimasti intesi. - E dov'è questo convento?, - ho chiesto a 1 Merlo. - Vicino a Bergamo. - E che cosa andrai a fare ? - Ma? E chi lo sa? D~ mangiare mi daranno. - E va bene. - -Ma .... mi ci vorrebbero una ventina di lire per il viaggio. - Vada per le venti lire. Bada che sono le ultime. Non ti far più vedere. Ma scrivimi quando sei a posto. - Per bacco. Dopo quindici giorni una cartolina : « Signor dottore) sono per t·ingraziarla. Ho. trovato la mia cu.ccagna. Sto bene e saluti, a lei e famiglia. Merlo>>. Non era trascorso un mese, - e il suo ricordo era già sommerso nel flusso e riflusso incessante dell'ambulatorio, - che rieccoti sull'uscio la sua faccia d'imbroglione malato. -Qua? Spalanca le braccia con un <<ma>> rassegnato. - Ohe cosa è successo ? . - :m successo che sarei tornato matto. Impossibile, impossibile. - M'hai pur scritto che eri contento ! - Dapprincipio, si, ma poi avevo troppa paura. - Paura ? E di che ? - Non lo so. Paura. Di giorno facevo la pulizia del refettorio, ~bucciavo le patate, andavo a far qualche spesa, me la passavo, msomma. Ma alla notte? M'avevano messo in una cella vuota, ·senza luce, in fondo a un corridoio lungo e nero. Non c'era che un lumino sotto a un Cristo grande grande. E i rumori ? Ohi smaniava chi pregava, chi rideva, chi si batteva il petto come un tamburo'. BibliotecaGino Bianco
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