Pègaso - anno IV - n. 5 - maggio 1932
Monti, Pellico, Manzon·i, Foscolo veduti da viaggiatori am~ricani 527 sces~e la p_ianta-che d'ava il _meraviglioso frutto degli «spaghetti)), considerati tuttora, nelle hste di cibi delle trattorie americane come << vegetali )) ! ' Parecchi Americani, nelle memorie che ho letto, citano Virgilio e Orazio, Filicaia ed Ariosto, e magari Alfieri o Manzoni. Le riviste americane di questo periodo, in gran parte composte di pagine scelte, di estratti, dli relazioni e recensioni di libri europei, dimo– strano una discreta conoscenza della, letteratura italiana. Direi anzi che, tenend'o conto del numero di cattedre, di biblioteche for– nite di libri italiani, e di Italiani residenti nell'America del nord, la conoscenza d'allora era superiore a quella di oggi. La sua im– portanza era certo maggiore per il fatto che non si era formata ancora una letteratura americana e non avevano ancora acqui– stato un grande prestigio le letterature nordiche e slave. L'Italiano era, all'incirca, una lingua classica, e stava accanto al latino e al greco nel« curriculum)) della gente colta; e non c'era un Americano distinto che non si reca,sse almeno una voita in Italia; e le signo– rine trovavano l'insegnamento della nostra lingua accanto a quello della musica e d'el francese, nel loro programma di collegio. Ma l'Americano anche colto, clle veniva in Italia, la considerava, come un paese di rovine, ·di musei e di illustri morti.- Pochi eran quelli che si sentivano così intimi colla nostra letteratura da distur– bare personalmente i rappresentanti viventi di essa. Per la maggior parte di loro l'Italia era la, « terra dei morti )) e in questa opinione li mantenevano le guide e gli scritti più celebri degli stranieri europei, Eustace o Forsythe, ai quali si affidavano. Si può dlire che soltanto con l'avvicina,rsi del 1848 si comincia a, formare negli scrittòri d'America l'opinione che l'Italia sia un paese capace di ri– sorgere. Fra le parecchie centinaia di volumi che ho scartabellato ho dunque trovato poche pagine di ricordi di visite o di conoscenze di– rette di nostri scrittori fatte da Americani. Ed' un elenco numerico di esse ci dimostra, con durezza statistica, quale ingiusta distribu– trice di fama fosse anche allora la fortuna letteraria degli autori fuori dei confini (e dentro?). Trovo, per esempio, soltanto una vi– sita al Monti, un incOJitro, ma a Londra, col Foscolo, tre visite al Manzoni e tre al Pellico, che l'acerbità della pena e la traduzione d'elle Mie Prigi01vi,, in America per cura del Maroncelli (Cambridge, 1836; ma già si conosceva negli Stati Uniti l'edizione inglese di LQndra 1833) 1 ), avevano reso compianto e celebre. Gino Capponi e l' Acerbi :figurano pure sulla mia lista con una visita, alla pari 1) Si veda, sulle vicende di questa traduzione, il lavoro della signorina ANGE– LINA Loo&Asso, Piero MaronceUi in America, in Rass. stor. del R-iso1•gimento ita– liano, 1928, fase. 4. BibliotecaGino Bianco
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