Pègaso - anno IV - n. 5 - maggio 1932
628 E. CECCHI, Q1ialoheoosa eoo. curiosità. Siamo oggi a Biam,,coe nero, note uscite sul Tevere gli anni scorsi e qui riunite. Sono le liriche brevi di G'ecchi. L'estrema conci– sione si risolve in coerenza espressiva, in sempli<ficazione di ,stile: pre– domina un'umanità raccolta e malinconica e ci ritroviamo nel mondo feerico, familiare e natalizio che abbiamo imparato ad amare nei Pesci rossi. È il children's corner: foglietti d'album, nati sotto il segno della grazia; l'autore non ha tempo di diffondervisi: solo può sbagliare la mira, perder di vista l'effetto voluto. Ma sono attimi; la sensibilità di Ceoohi è qui aperta e pronta; sentite, come più innanzi in Ragazzi poveri, come ieri nel Ritratto di wna bambina dormente o in Cente– svmi e soldi, lo scrittore che lavora ,sul vivo. · Altrove la contemplazione si allarga e .si fa quadro (Pantere nere, Ritratto di una scimmia, Grammofono) con un s,apiente equilibrio tra la fumisteria e la cosa vista ; o si assesta nelle forme migliori del poe– metto in prosa (Marina). E dovunque riaffiorano i motivi di pensiero, pensiero contro corrente, non conformista, che rappresentano, come ci provammo a diJmostrare anni fa, tutta la profonda serietà morale di uno scrittore che nato nell'età del dogma idealistico non ,s'è •sentito il coraggio (e chi può dargli torto ?) di ,star tutto dentro o tutto fuori di questa chiesa. A volte si sarebbe pur tentati di contraddirlo : di difendere, magari in malafede, la psicoanalisi e il moderno « vacuo trastullarsi ,sulle sab– bie mobili delle nevrastenie, dell' ug·ge, dei comples,si sessuali» ; o la :fisiognomica o persino « le discipline che ,stanno fra il lusco e il brusco a fare il ponte di passaggio fra il cosidetto .spirito e la cos,i,detta materia». Proprio Cecchi che scorgendo per le vie « certi visi distrutti, certi por– tamenti» 1 sente « quasi vergogna di non essere stato tanto povero da sapere immedesimarsi con quelle esistenze e di aver di,sertat.o l'es,trema fatica del vivere, la più dura realtà » ; proprio lui non ci darà mai la consolaziione di mettere un piede in fallo, di dire un gros,so sproposito, di disertare, infine, dalla situazione che gli ha creato il suo difficile equilibrio ? Sono ,scherzi. Ma scherzi che possono provare, ,sebbene per vie tra– ver,se, come il Cecchi d'impegno più profondo, quello che più spesso vorremmo rileggere, non è nelle pagine di arabesco, dove la fantasia rfocamente decorativa giuoca, ,su ,se stessa, anche se talvolta (Il giuoco delle carte) riesce ad accendere tutte le ,sue micce. Nel barocco, che pure è una delìe note fondamentali del suo spirito, il Cecchi è maestro ; ma non può sfuggire alle limitazioni di uno stile che è ,per necessità industriosamente calcolato, quando non vi si senta l'odor di polvere dell'autentica pazzia. Nelle prose familiari, invee.e, ritratti di bimbi, ricovdi di f3:-miglia, interni ecc.; o nelle contemplazioni più schiette di « capolavori naturali ll (Pantere nerQ) nulla si potrebbe desiderare. E si ritorna, conqui,stati, al motivo della « fedeltà ll che è l'anima di Cecchi e d~lla sua arte: fedeltà alla terra, alla famiglia, alle grandi e semplici ragioni della razza e dell'istinto : fedeltà monotona ostinata e squisita sotto una screziata e mutevole super:ficie. · Dopo ~i eh~ nessuno vorrà meravigliarsi se Cecchi abbia sognato per lunghi anm, fin dalla prima lettura di certe pagine del Cattaneo BibliotecaGino Bianco
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