Pègaso - anno IV - n. 5 - maggio 1932

E. CEOCHI, Qualche cosa ecc. 627 riuscite e non si diss-imula nemmeno, se occorra qualche pericolo della .sua ultima « chiarezza,». ' Qualche cosa, H libro d'oggi che chiude la serie iniziata con i Pesci rossi e proseguita con L'osteria del cattivo tempo, può dirci appunto . « qualche cosa» su tali pericoli; farci ,sentire, qua e là, dopo tante pa– gine impeccabili e terse, il desiderio di una più agitata e difficile imper– fezione; destarci la nostalgia di un atteggiamento più sciolto e magari più contradittorio. Intonato su pe11sonalissimi rumori il pensiero di Cecchi non sorprende più <'hi questi umori conosca a, fondo; e nel genere dei « ,pesci rossi» che gli appartiene chi vorrà rinunziare al gusto della sorpresa? · Ma non preoccupiamoci troppo dei generi e non prendiamo troppo .alla lettera la teoria dell() nuove forme miste che dovrebbero porta.rei a 11n nuovo classicismo ritrovato attraverso un'estrema macerazione dell'intelligenza. Il y a fagot et fagot; c',è ,èaggio e saggio, e se Cec,chi -ci ha fatto- temere qualche volta di seguire con troppa fedeltà la fal,sa– riga dei ,suoi propositi, noi ci ri,fiuteremo sempre di confonderlo con gli altri scrittori di vena riflessa che ci hanno allietato in questi anni difficili. Quello çhe più interessa nei ,'3uoi saggi e che permette di asse– gnar loro un posto assai alto nella letteratura contemporanea è l'estrema coerenza spirituale ch'essi dimostrano. Cecchi domina quasi sempre il suo rischiosissimo genere per un innato senso della linea. Non ci si mantiene per quindici e più anni a cavallo tra la critica, la li– rica e la moralità; non 1sicrea, direi quasi, una forma d'arte che aveva in Italia, checché si dica, scarsiissimi precedenti, ,senza pagare di persona gli oneri della propria esperienza. E a noi il .superiore dilettantismo di Cecchi piace -soprattutto per tutto ciò ch'esso ,sottintende d'inespresso, di crudo, vorremmo dire di sanguigno; per la lotta ch'esso maschera -e rivela ad ogn'i,stante. Senza dubbio, Qualche .cosa si presterebbe anche a una critica di -citazioni fatte con la forbice alla mano . .Sarebbe facile, se non breve, mostrare come Cecchi riesca a· •sollevare un dato iniziale quasi irrile– vante, ,e per lo più nudamente biografico, in una ,sfera di pura fantasia. Lo aiuta in questo la sua perizia di buon intenditore d'arti figurative. L'arte orientale gli ha insegnato a ingigantire rapporti ed effetti, a dedurre motivi astratti da temi naturali; a conciliare pesantezze di barocco e levità di arabesco; e l'arte toscana non ha potuto che confer– marlo in un proposito •d'ostinato rigore. Ma ,s'entrerebbe in un campo già molto battuto dai suoi critici. Anche lo sviluppo del suo atteggia-– mento lirico-critico di fronte alla vita: l'arte, la « natura come opera d'arte», il tempo della natura, irriducibile al nostro tempo umano, e la difesa della vasta soHdarietà degli uomini, i riti, le preghiere ecc., ha permesso a,d altri utili e acute osservazioni. Il critico è stato felice– mente .seguito nel ,suo sviluppo da recensore di libri a recensore della vita. Maj,a noi importa, nei limiti di una breve nota, segnare anc6ra qualche traccia della sensibilità di Cecchi nei suoi movimenti più pro– fondi. Eravrumo ieri ai «tarli», brillanti en marges liberati da ogni sche– ma; il critico vi appariva sospeso ,sulla rosa dei venti della propria BibliotecaGino Bianco

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