Pègaso - anno IV - n. 5 - maggio 1932

A. PALAZZESCHI, Stampe dell' '800 625 le C~cine, scappa, ,1ibero _un poco alla volta, contento di rompere il fi!o clì,e lo legava all attenzione del padre. Non, certo, « per raggiungere pwcola o grande una meta». La scappata era « fine a se stessa » «pura)). Ha una curiosità della vita, « precoce forse>>. Nun veder; quello che tutti vedono, conoscere quello che gli altri sanno, e che passa nei discorsi dei grandi, in oerte parole di cui gli sfugge il segreto. Senza molta allegrezza, del resto, e ,portato dall'istinto suo inquieto, non com– pensato dall'acquisto. Annoiato, vinto, deluso. Quasi all'ultima pagina del libro, a dieci anni già, davanti aJla rivelazione dell'amore e dell'at– trazione sessuale, non sa provare che sconforto. « Quello era? ... Cosi? Mi parve .... tanto, tanto .... e poco .... ». Sappiamo ora che amaro e noia· sta in fondo.a quel suo confessato « precoce interesse veu,soi peccatori della carne». Quasi fosse il bisogno di rompere in un modo qualsiasi la regola, vendica,I\si d'essere nato debole. Vorrebbe essere uno del «popolino)), che uscendo alla rinfusa dal teatro, dove s' ,è pigiato nelle file nobili del loggione, si sparpaglia per le vie, cantando, ma l'ultima tristezza lascia che si perda in un biochiere di vino. ( « - Non ti scordar di me! Leonora, addio ! - E en– travano a bere»). Vorrebbe ... , e invece )a ,sua inclinazione e attrazione è altrove. E,cco le dame di illustre sangue, lentamente apparire. Sali– vano in carrozza, vi si adagiavano, e « pareva di vederle partire come in una scena del melodramma, per una foresta ignota, verso un lido re– moto ed un fatal co;ivegno >). Ignoto, remoto, fatale, una vita irreale. Alla fine gli piacciono i vinti, i deboli; e dei forti ride. Quel Vittorio Puccini, torbido, violento 1 sicuro di sé, non •sa amarlo che quando lo vede turbarsi e tremare, cercare aiuto, davanti alla ..Signorina Pezza; e l'ama anc6ra che non sa dove sia e i marosi l'hanno, forse, travolto. Tra tutte le donne, una, la sora Vittoria, fa spicco nel libro, « vestita di nero, la vita succinta, senza la curva dei seni, come una suora». Ri– masta vedova giovanissima, s'era ritratta a poco a poco in sé, e ritira.fa dalla vita, rassegnata, furtiva, con sulla faccia. un sorriso, come un quieto ricordo. Il suo comandamento era d'esser buoni; e << sii buono, sii buono», diceva al bambino di cinque anni. Quell'esser buono a Pa– lazzeschi pare sappia ora di qualcosa di gentile ma, anche, di sterile: una bontà senza coraggio, che si p·orta perché si è nati cosi. Come una volta, salir,e per salire, cercare la libertà senza scopo, e starsene magari a riposare, con nessuna stanchezza, davanti a uno ,spettacolo di quattro pareti strette d'una tromba di scale. Intanto che la vita ti assedia con i -suoi rumori, e prende colori di festa. Torna, appropriata l'immagine di uno .spettacolo di << varietà ». Tri– stezza d'un mondo in isfacelo, e tante forme d'arte insieme mescolate e annullate. Né teatro, né opera, né prosa, né musica. Chi aJ!a fine aveva ragione era l'ultimo attore che entrava, vestito di nero, a cantare una, sua melodia solitaria, e spremeva il senso da quell'allegria compli– cata, da quel chiasso e quella confusione di poco prima. Era lui che era nel vero, il solo. E non ci avrà detto mai cose di gran conto, cose in sé ricordevoli; ma serviva da contrasto, frenava la voglia, di ridere anc6ra. Le Starnpe dell' '800, p€r questo, non .sono soltanto un libro, ma un documento. ·NO'll.dirò nulla del modo segreto come Palazzeschi 40. - ngaso. · BibliotecaGino Bianco

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