Pègaso - anno IV - n. 5 - maggio 1932
618 D. GUERRI, La corrente popolare nel Rinascimento Alla fine della lettura di quelle pagine a nessuno può sfuggil'e il rigore logico e scientifico con cui egli si sforza di .superar~ le d_ifficoltà, di ,dissipare i dubbi di interipretazione che ogni verso, quasi ogni espres– sione oppongono a chi voglia ricavarne .un senso che soddisfi; _e presi dalla ricchezza e acutezza delle osservazioni e dalla forza strmgente •della dimostrazione siamo ben lontani dal sospettare che la tenzone sia apocrifa. Orbene, com',è che il Guerri, pur appretzando in tutto il loro var lore le rioche pagine del Barbi, ,è giunto alla conclusione che Damte non abbia scritto quei ,sonetti ? · Egli col ·sussidio della poesia paesana. di cui ha fatto l'illustrazione nei capitoli precedenti, - poesia che attinge come una nota comune dalla parodia di Dante, - commenta e spiega analiticamente i sonetti della tenzone, superando facilmente tutte le difficoltà e le oscurità d'inter– pretazione che i critici, partendo dalla premessa che autori ne siano Dante e Forese, invano s'affannano a vinoere con ipotesi e conget– ture. Le allusioni enigmatiche a persone, a luoghi e a istituti, ,le oscure spiegazioni delle parole diventano intelligibili e chiare solo che i so– netti s'immaginino scritti da un Bicci che non sia Forese Donati e da un suo beffatore che non sia Dante, ·cioè da due poetastri dei primi del Quattrocento o da qualcuno che ha voluto fare una tenzone fittizia fra due pe11soneburlate con nomi danteschi, uno dei quali Alighiero, che sa-rebbe il nomignoio di Giovanni Gherardi da: Prato, detto pure l' Acquettino, l'altro soprannominato Forese, che è Bicci Oastellani: le buche, le fosse, il guadagno, che tante congetture hanno suggerito ai critici, che hanno tentato di ,spiegarli, costituiscono in fondo « la stessa trama che dà il titolo ad alcuni poemetti dello Za ». A tale interpretazione non contrasta il noto episodio del Purga– tor·io, dal quale invero non proviene alcun plinto d'appoggio per soste– nere l'autenticità della tenzone, troppo generico essendo il richiamo ai trascorsi giovanili dei due amici; da questo richiamo, improntato al– l'affetto di una salda e cara amicizia, nasce quell'afflato lirico che in- · veste ,di accorata tenerezza l'incontro, il quale afflato, per conservare la sua schietta sincerità non ha bisogno di essere sostenuto dal ricordo p-re– ciso di un graye trascorso quale era quello affidato ai sonetti. In una parola l'episodio del Purgatorio si regge in tutta la sua nostalgica te– nerezza, anche se la tenzone deve essere considerata- apocrifa. Scarso il credito della tenzone nei secoli, resta solo l'autorità dei eodici, o meglio di un codice, il Chigia]).o L. VIII, 305, che i competenti riportano alla metà del Trecento. Anche ,su questa datazione il G uerri fa le sue acute osservazioni, ma non così convincenti da elimina.re que– st() che in fondo è l'unico ostacolo serio per accettare le sue conclu sioni e liberare Dante dalla paternità di quei volgari componimenti. Co,sìla questione dell'autenticità, che in fondo non era mai stata po– sta ,seriamente, è aperta e, per merito del Barbi da un lato e del Gqerri dall'altro, la soluzione, sgombrata di tante questioni secondarie è ri– dotta, oggi, si può dire, all'accertamento dell'età di un codice. ' GIUSEPPEJ FATINI. BibliotecaGino Bianco
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