Pègaso - anno IV - n. 5 - maggio 1932

614 C. BROOKS, Antonio Panizz-i Scholar and Patriot La vita del Panizzi è un po' la storia dell'emigrazione politica ita– liana in Inghilterra durante il Risorgimento. Egli a Londra aveva tro– vato i primi esuli, da.i quali era stato accolto con cordialità fra– tema; tra essi il Foscolo, che gli aprì la via a, migliore -fortun;:1,, .quando il Panizzi ,si decise a trasferirsi a Liverpool, dove, mercé l'interessamento dèl Roscoe, poté farsi conoscere e tenere conferenze pubbliche sulla, letteratura italiana. Al Roscoe era stato presen-' tato dal Foscolo, che fu bensì ricambiato, finché visse, con aiuti ma– _teriali e mo:r;ali; ma tra i due non corse mai intima corrispondenza, di sentimenti. Il Panizzi non per-donò mai al Foscolo il carattere instabile e il di,sordine della vita, e nel 1865, pur dopo tanti anni dalla morte del poeta, il· Panizzi scriveva al Libri (la Brooks, seguendo una non com– mendevole abitudine degli stranieri che trattano di cose italiane, dà il brano della lettera in inglese) che egli non aveva dimenticato i bene– ficii ricevuti, ma non poteva, perdonargli di aver dis('reditato con la sua condotta gli italiani in Inghilterra. Non si deve pensare ad ingenerosità da parte ·del Panizzi. Gli è che il suo temperamento era il rovescio di quello del Foscolo. Sotto il ber– retto frigio e la ghigna del rivoluzionario, che s'era fatto condannare nel 1823 in contumacia dal governo di Modena alla pena di morte in efligie e qal tranquillo rifugio inglese aveva inviato una lettera piena di contumelie· e di maledizioni al presidente del Tribunale sipeciaJe e una lettera sarcasticamente burlesca all'esattore di finanza, si celava un uomo d'ordine, rispettoso della, legalità, buon cittadino scrupoloso e onesto nei rapporti pubblici e privati. Perciò era nemico dichiarato delle sètte. Negò ,sempre di aver a,ppartenuto alla Carboneria; non volle imbrancarsi nel ·1830 tra gli ~suli che svolgevano la loro azione segreta alla dipendenza del Comitato rivoluzionario di Parigi; non nutri simpatie per Mazzini e si rifiutò di entrare nella « Giovane Ita– lia >>. Nella ricordata letti>ra al presidente del Tribunale sipeciale scri– veva,: « Io non avevo uopo di esser Carbonaro per odiare il dispotismo e la tedesca rabbia. Questo santissimo odio è innato in me, morirà con me, sia qualunque il mio destino. Io volli e voglio quello che ogni grande italiano ha sempre Yoluto e che tutti vogliamo ora ed avremo a, vostro dispetto: l'indipendenza della mia patria dagli stranieri d'ogni na– zione ».·Ma i mezzi di cui voleva servirsi non erano rivoluzionari, un po' certo perché l'indole sua rifuggiva dalla violenza, un po' forse per le condizioni in cui era venuto a trovar,si dopo la nomina a conserva– tore degli stampati del « Brit1sh.Museum ». Frequentatore di ,salotti aristocratici, conosciuto e stimato da per– sonalità cospicue, non gli era ipossibile mescolarsi e confondersi -con quei connazionali profughi come lui che, nella ospitale Inghilterra, or– ganizzavano società segrete e ordivano cospirazioni. Rivoluzione, si, ma condotta diplomatkamente, cattivando ai movimenti per l'indipen– denza italiana la benevolenza e la simpatia dei maggiori Stati d'Eur<)pa, specialmente dell'Inghilterra, p•iù -di tutti disp-osta a comprendere, per le ,sue tradizioni liberali, la nobiltà della causa. Coraggio all'occorrenza non gli mancava, come quando nel no– vembre 1844, dopo il tragico fatto di Cotrone, osò di accusare il gover~o BibliotecaGino Bianco

RkJQdWJsaXNoZXIy