Pègaso - anno IV - n. 5 - maggio 1932
Lytton Strachey 601 cos•a >> (Queen V,iotoria, pp. 222-223). Lo spirito della Regina in quel che ha di grande, di ristretto e d'infantile insieme, resta fiss~to senza bisogno d'altro commento in passi cosi fatti. Ironia, s'è visto, senza commenti. La regina Vittoria ha quel certo che· di ottuso e di poco individuale che allontana le avventure e le vicende, so:pra tutto spirituali; e restando uguale a se stessa, segna un traguardo e un punto fermo in mezzo alla società in cui vive. Gli altri vittoriani eminenti son parti e facce di quella .società ; o per dir meglio la società,_ ente astratto, la riconosciamo in quelle figure, m cui i tratti, segnati a oltranza, vanno fino alla caricatura. La Regina non esagera nulla; è oentrale e pura; il suo compito, è semplicemente di vivere, di fare che tutti la temano, l'abbiano in mente, l'amino senza saperlo e si riconoscano in lei. Strachey non interviene a staccarla dalla sua funzione regale, a tentarne o a .supporne le deficienze, 3t imaginarne, oltre l'apparato immobile, la .psiche di ,donna; se c'è mito, lo lascia intatto, come una forza che le appairtiene e che la ricompensa. La malevolenza, il risentimento di Strachey non ·si volgono alla, persona di Vittoria, ma al mondo di cui fu •simbolo e capo, all'età che fu sua; a quelle forze religiose, per lui cosi oscure, da cui è impensabile che si liberasse la mente della Regina, quando i più famosi e rispettati dei contemporanei n'erano convinti assertori. · Nel libro successivo -si ostenta l'irreligione della· regina Elisabetta e il mondo del rinascimento; l'anima prudente di Strachey, .scartate le fobie, riprende, a trattarli, libertà. Se nell'ottocento tutto era fermo e definitivo, nel cinquecento c'è giuoco: « ,sopra ogni cosa, le contraddi– zioni di quell'età si burlano della nostra imaginazione e rendon per– plessa l'intelligenza. Gli esseri umani indubbiamente non sarebbero umani se non fos-sero incoerenti; ma l'incoerenza degli elisabettiani eùcede i limiti permessi all'uomo» (Elizabeth and Essex, pp·. 8-9). L'in– coerenza è d'ogni tempo, ma Strachey qui si prefigge di riscontrarla ad ogni costo; ,prima anc6ra di trattare l'argomento segna le sue in– tenzioni. E ci si diverte, come si vecle dalla levità con cui to,cca l,e per– sone e le occasioni, dal cumulo dei particolari, dall'indugio nel muo– vere e nel colorire le scene, lui prima così. sobrio ! Pagine e pagine s,i ,diffondono in ,descrizioni adorne, rifulgenti; nel situare le avventure improbabili, i gesti pazzi e scandalosi, l'alternarsi degli umori bizzarri. C'è una ricchezza, di atti anc6ra più che di. parole, che è fine a se stessa; un abbondare e un ripetersi di scontri e di contras•ti identici, -come fossero le prove d'un alto dramma che non si compie mai. I trucchi non mancano; e come Elisabetta ed Essex, nei rapporti loro di sovrana a favorito condannati ad urtarsi ,fino alla ribellione e alla catastrofe, hanno un che di meccanico, di cir-colare, cosi Strachey pare chiuso– nella sfera vacua della propria imitazione e piglia a svolgere le parti stanche, facili, effimere della propria abilità. Non c'è sdegno in lui per questa vecchia civiltà che non lo urta. Egli si limita ad allonta– narla dal nostro spirito come fosse il regno delle fate. Fata o strega, Eltsabetta domina col suo capriccio, e la potenza sua è instabile come un'illusione. Nessuno dei sentimenti mostrati dai ,personaggi ci con– vince, ma solo il loro variare; e la regola che li conduce sta nel mondo- BibliotecaGino Bianco
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