Pègaso - anno IV - n. 4 - aprile 1932

Lucia· 461 lungo il corpo; no, non era una macchia che non si può scancellare; nessuno la poteva vedere, nessuno. Lentamente le cose si sommergevano nell'oscurità: era un sol– lievo, ci si sentiva cadere, assorbire anche lei. Ma quando fu buio ,,,_ si sgomentò : a_prì la luce, a tastoni. Si accese nn lume sotto a una campana di seta verde su un tavòlincino in un angolo; una luce sommessa, che faceva compagnia. Maria si lasciava sommergere dalla penombra mite, come a letto, stanca e indolorita, dal sonno. Si andava abituand'o al benessere dell'eleganza nitida della stan– zetta che, quando era entrata, era stato il segno di un distacco bru– -sco e definitivo come nel buio a scendere un gradino impr@vviso. Vincenzo viveva in un a.ltro modo cli lei; doveva esser diventato ricco, in America. Non ne prov;:i,va più pena, soltanto un senso di maggiore umiltà nel quale potersi smarrire, annullare, non essere. Il suo sguarcl'o passava sulle cose senza ritener!~, scopren– dole .senza curiosità e dimentica,nclole senza dolore nello stesso momento, come se non dovessero vederla mai più. Dare la bambina a Vince1~zo; per sé non voleva nulla, come se non dovesse più vivere, dopo. Non si era più mossa d'.al canapè dove si era seduta dap– prima: l'attesa la cqnsumava come a primavera a aspettare il di– sgelo, in montagna,; una stanchezzà grigia di dormiveglia la portava via, leggera·cosa senza volontà, fuscello a galla in un rio, in quella clemenza di poter non pensare, come chi soffre di un dolore fisico se un'occupazione lo distrae. E quando sentì schiudere la porta diet:r:odi lei, si era scordat a chi er a e dove era. Vincenzo non la vide sùbi.to. Si. era voltato per richiuder la porta, si era tolto il soprabito e stava per appenderlo -quando preso da un sospetto si voltò.· ~ssa si era, alzata, non lo guardava; stava ferma, in piedi, con gli occhi per terra: era un'allucinazione, pareva che lui avrebbe dovuto avvicinarsi, girarle intorno,. toccarla per sentir se era vera. - Maria! Era rimasto fermo, col soprabito in mano. Un silenzio che non si poteva rompere si era posto fra di loro. Come in una sala dopo lo spet~acolo quando si vuota della gente e a una a una si sp engono le lampade, così nel suo sangue anc6ra caldo delle passioni cl. le l'av·evano acc'ompagnato sinò a casa, cin– gendolo di un'atmosfera rarefatta nella quale i sogni più arditi prendevano corpo, ora a una a una cadevano, si diacciavano le im– ma,gini felici. Il successo, l'ambizione, l'ardore di quella gioventù prodiga, della ricchezza., si spegnevano: ecco, era il buio. Avev~ raggiunto l'irraggiungibile: era, stato suo, un momento; e ecco s1 dissipava, era stato un sogno, una beffa. Poi si fece un tepore lon– tano, un albore grigio ; pietà di lei, forse, e anche di sé. Si scosse e le prese le mani. · · BibHote·ca Gino Bianco,

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