Pègaso - anno IV - n. 4 - aprile 1932
Volfango Goethe 395 d'un poema popola.re come il Rcinecke Fuchs in esametri. Nel viag– gio in Italia, c he intraprendeva dopo una preparazione accuratis– sima, .si dimostravano le disuguaglianze del suo intuito artistico, tra l'ossequio alle fonti classiche di coltura e l'incertezza delle fresche esperienze: nuovo, equilibrato, e pieno di luce dinanzi ai Trionfi del Mantegna e al Cenacolo di Leonardo; innocente da la– sciar perplessi per la curiosità che lo sofferma a Roma su mediocri còse d'opo essersi sbrigato di grandissime con rapida super:fi.~ialità; parziale e senza visione dinanzi a un monumento come il Duomo di Milano, che pure non doveva essersi contentato di guardare dal– l'esterno. Non a torto il suo amico Boisserée, nei tardi anni, si tor– cerà le mani per la disperazione di veder chiusi a ogni sentimento .d'el gotico gli occhi che così vividi d'amore, in giovinezza, avevano contemplato il Duomo di Strasburgo; gli occhi tedeschi del can- tore di Gotz e di Faust. · L'uomo universale ·ha sempre la sua relatività. Questa relatività è forte in Goethe. E fi_noa un certo punto gli aggiunge l'incanto della « minor perfeziòne )), che sta cosi bene all'uomo il quale più d'ogni altro avrebbe voluto. farsi in tutti i sensi perfetto. La dot– trina non gli dà quello che gli è dato dalla natura conosciuta sul vivo delle cose e degli uomini; la scienza non gli d'à quello che gli è dato dalla possente intuizione. Non è giusto nemmeno il dire che la sua vecchiezza sia sempre serena. Coi giovani poeti tedeschi non è sereno. Con u,no che si chiama Kleist non è sereno; con uno che 1:Si chiama Heine non è sereno (e lo adorano): si fa angusto per loro, e li angustia. Un minatore tedesco tr6va più facilmente bontà– nel suo spirito che un giovane poeta tedesco. Più largo è per le voci che gli giungono nello spazio, da lontani paesi: per Byron, idealizzato nel suo poema in un'allegoria che non è più quasi alle– goria, tanto è fremente di vita; per Manzoni, ammirato; e da grande maestro, in gloria di Napoleone, tradotto. Nel Manzoni egli trova alfine alto motivo d'interesse in un ita– liano vivente. Non era tutta colpa sua, se, -durante il suo viaggio in Italia, questa aveva potuto aggiungere ben poco di fortemente spirituale, di non generico, alle commozioni di paesaggio classico, ·di estasi archeologiea e di voluttuoso benessere, per a,mor d~lle quali egli si era messo in ca.rumino. Giambattista Vico non lo aveva dimenticato Goethe, lo avevano dimenticato gli italiani. Non aveva così robusti tratti vitali l'Italia d'el Settecento da poter mo– dificare in lui la tanto maggiore potenza e vastità del concetto Italia come culla d'antiche arti e tempio d'antica bellezza, né da mutare l'aspettazione ehe egli ne aveva come d' un'amabile sede del piacere di vivere. Vi andava sotto la suggestione di un gran sogno plastico che per lui si sarebbe avverato, con beneficio immenso, reputava, della sua perfezione d'artista; e vi recava un desiderio !Segreto di BibliotecaGino Bianco
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