Pègaso - anno IV - n. 4 - aprile 1932
506 A. 0.A.P ASSO, Il passo del oigrtÒ Finché, più chiaramente, e· solitamente: Vivente innamorato della tacita dea Morte, quando sarà giunta l'ora d'accomiatarmi estremamente, e tutta sarà china srume la buia dea, con un giovane grido, tenderò le mie braccia azzurre verso l'ore fuggenti. Motivi vecchi. Il tempo che rimpiange è lo ste s~o che pri ma, presente, l'infastidiva; l'amore che loda, quello che prima rigetta.va da sé. Dopo messo a bruciare tante passioni (o nomi), a un certo pun to gli piaee– rebbe perfino d' « essere come tutti», « accettar l'affannoso gioco assi- . duo» · e ricorida che, pur nella distruzione della sua adolescenza, <t un frusci~ nel sentiero, di f9glia o di fanciulla, nel cuore sobbalzante insi– nuava un sogno di gettarsi, di darsi in regalo per nulla»; per conclu– dere: « sempre tremano i sogni in questo cuore». . Sono, come ognun vede, affermazioni contradittorie, ora superbe ora stanche, tra le quali non corre nulla di vivo. Non c'è comples-sità di s~n– timenti, ma solo di proposizioni. Un ombroso amore con l_a poesia! L'ha del resto detto egli stesso : Non sono canti, questi ch'io volevo simlli a un suon di foglie quando tutta è la terra sospesa ; feminili ansiti sono.... La sua saggezza., come quella d'una sua donna amata, cc giunta a un'ora tra l'estate e l'autunno», esita e cangia, cc frondame sotto il vento»; e non trova cc l'oro pallido ed immoto, la luce ferma del tra– ?}Onto pacato». Quell'esitazione, quel cangiamento, sterili in sé, sà– rebbero pur bastati a far poesia, a cantare la malinconia, una malin– conia tutta nuova, ,sgomenta, femminea; ma ci voleva altro linguaggio, esile, senza peso, mutevole, e che veramente egli fosse stato un « albero musico», a cui cc raggi di luna trepid;anti » tentassero le « meste foglie». Caipasso invece, la sua malinconia, l'ha drappeggi~ta, ha cercato a posta i colori foschi, tolto il vago e il grande al vecchi.9 romanticismo, sco– modata, per la sua .sottile e rotta. vena, tutta intera la idrografia terre– stre, fonti, fiumi, gorghi; torrenti, rii, paludi, laghi, mari, gol,fi, maree, onde, flutti. Pure gli effetti ,di quef!ltO apparente parlare spazioso sono un dire e disdir.e, lasciare e riprendere, affermare e negare, ama,re e disa– mare, lasciar perdere e rimpiangere, sentirsi inetto alla vita e farsene un ornamento, un arido gioco insomma, espresso con i puri vocaboli non con la vita e col .sangue. La ,stessa povertà verbale è un segno di q~esto ritornare sullo stesso tema, inutilmente. Si pensa chi sa a che ricchezza di canto, e non •èche un balbettio triste. E s'è costretti a cercar la poe- • sia, poca, in certe stanche cadenze, in immagini di nulla, dove il dolore, indefinito, inespresso, è fatto avvertire con una -sorta di civetteria e in modi allusivi modesti. ' Reggo i miei lenti mali amati, come il gambo regge il fiore. BibliotecaGino Bianco
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