Pègaso - anno IV - n. 4 - aprile 1932
504 B. TECCHTj Tre storie d'amore momento l'o0casione di vedergli proprio in quell'istante, tra le mani, un taglia:carte, le diedero -una sensazione precisa e crud~le : il coltello pel manico lo teneva lui, e sapeva di tenerlo». · A un certo punto d'Amalia si legge: « - Tu non sei nna donna di questo secolo - le diceva qualche volta lui, scherzando. - Tu sei una donna dell'~ttocento - ». Il passo incoraggia a rapporti, appunto con qualche romanzo del ,secolo scorso. _La protagonista confessa, peri– tosa all'innamorato di non esser più vergine ? Può venir in mente il Mistero del Poeta. E il contegno dell'innamorato, con meno di frenesia e più vigile politesse :qella concupiscenza, può far p~nsare, dissolte tutte _ _le ombre wertheriane, all'Ermanno Raeli. Il rallentarsi infine dei le– gami, raffreddandosi nell'eroe la passione e l'eroina vedendo sempre più chiaro, può suggerire mille e uno precedenti ottocenteschi, a co– minciar,e dall' Adolphe. Che cosa ha fatto 'l'eccbi, per riuscir cosi di-_ verso e moderno ? Benjamin Constant aveva cercato, nel motivo, roman– ticamente sfogo; De Roberto s'era proposto la soluzione d'un quesito, posti quel caso e quei documenti iimani; Fogazzaro ne aveva fatto un épisoclio naturalistico da velar d'iqealità per modo da l"enderne fin dubbia l'interpretazione. Tecchi ba mostrato d'interessarsi a,l motivo_ solo come a pretesto per cr~are due figure e una vicenda. E volgendosi a trasformare esperienze di vita in creatrici di vita, ci ha dato una storia d'amore non nuova ma di tutti i tempi, un piccolo romanzo mirabile per intima coerenza: per umana verità, di per,sonaggi fatti evidenti dall'azione; e per azione giustificata rla quella verità. PIERO NARDI. ALDO CAPAsso, Il passo del cigno. - Buratti, 'rorino, 1931. L. 5. Difficoltosa, questa poesia di Aldo Ca.passo ! d'uno, alla fine, che ba poco più di vent'anni, e già non esita a dichiararsi vecchio, sazio, e ora; recalcitra al suo destino ora gli va incontro, e pare non aspettar altro che la sua favola sia compita. A sentir lui, in così poco tempo, ha visto sofferto capito tutto, e l'esperienza non gli ha lasciato che sa– pore di cenere (di quali incendii, non dice). La -furia delle fiamme non ha però per nulla disseccato neppure il linguaggio (oh; almeno avesse fatto solo questo!) che, tranne_ alcune facili durezze, è anzi adiposo e sovrabbondante. Noi sì vorremmo credere al suo « buio peccato>>· al suo « cuore buio», al <e buio che. ospita in sé», alla sua « buia agoni~-» e ai suoi « fantasmi bui » ; ma di buio, veramente, non è rimasto ~he il colore della sua pagina, che aspetta d'essere scritta a dovere, e, quanto al dramma,· non sta che p~r civetteria,_ e dal principio alla fine non fa, un passo, e ,pare esibito per vano lusso. In ottantadue canzoni che in ~olti casi non ,sono eh~ ,stro~e sparute di pochissimi versi, egli; si può _dire, non ha fatto che r1br11-ciare sempre la stessa cen~re quella rimasta , dagli ipotetici incendii; e sentirsi stanco e disamorato di tutto (ma di che?), e ora chiamare superbamente la morte ora deprecarla questo è quant_o ci è dato di indovinare dalla confusa mormorazione eh~ fanno le parole. A bene ascoltarlo, dove tocca c~rta intimità e dolore, p~rrebbe BibliotecaGino Bianco
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