Pègaso - anno IV - n. 4 - aprile 1932
502 B. TEOOHI, Tre storie d'amore BoNAVIDNTURA TECcm, Tre storie d'amore. - Treves, Milano, 1931. L. 12. Gli ottimi saggi di Bonaventura Tecchi sul Wa,ckenroder e sul· Fo– scolo lasciano ,supporre che questo critico, ancor oggi militante, debblll assicurarsi con una certa fatica -la propria libertà d'artista. E la &Up– posizione diventa persuasione se, dopo aver conosduto i rlllCConti riu– niti nel volume Il vento tra-le aase e queste Tre stor{e d'amore, rileg- , · giamo Il nome sulla sabbia. indimenticabile libretto tra il pensiero e la fantasia, o meglio tra la sensibilità che vorrebbe regnar sola e il razio– cinio osta,colante. Quel libretto, anche pel suo carattere di confessione, resta, e resterà forse, il documento migliore per spiegare Tecchi con Tecchi. N'esalava, a,cuta come un aroma da una fiaba, un'essenza di sentimento, eh' è venuta svaporando nei posteriori due volumi dì r31CConti,e nell'ultimo quasi del tutto. È rimasta la tendenza a riflettere, onde un'impressio– nante concordia, per esempio, tra l'aspirazione della protag?~ista di una delle odierne Tre storie d'(lllnore (« Oh poter essere s,em:phc1, poter. confidarsi agli altri, e arrivare a quell'umiltà, in cui tutte le cose di– ventano chiare e semplici!») e la conclusione dell'autore sulla propria storia interna ormai lontana, ch'è ~ppunto Il nome sull~ sabbia: « Pos– sibile, dunque, che tutto il segreto sia qui: avere la forza d'uscire di sé, abbandonarsi con un po' d'amore alle cose d'intorno? ... E perché t'eri messo in testa che gli_altri ti sono ostili, e che devi vivere sempre ap– partato?». ·È rimasta questa tendenza, ma ridotta entro confini sempre più ristretti. Ha guadagnato invece terreno quel potere d'evocazione, di cui Il nome sulla sabbia offriva indici continui, in appunti ~ spunti di paesaggio, in episodi di caccia più che abbozzati, in certi studi, anzi ri- tratti di bambini. · E poi questo scrittore ha ~aputo affidarsi sempre più decisamente a una do•te ben sua: la capacità di creazione di non so che atmosfera straordinaria, da cui far emergere e su cui far campeggiare le figure con un realismo rinvigorito dal contrasto. « Da che parte i gatti venis– sero a quella villa solitaria .... non si sapeva dire». Cosi comincia la prima delle Tre storie d'a,11wre, intitolata appunto I gatti. E prosegue, misteriosamente presentamlo un vecchietto che « giù dalla mulattiera» tornava ogni sera alla villa: « Era un uomo sulla sessantina un po' pic– colo, ma dritto e magro eome una frusta e ancora arzmd e venendo giù µn po' a balzelloni, incontrava sempre per le strade qualcuna di quelle bestie, isolate o a coppie, ~he non gli parevano mai le_ stesse. - Ma da che parte vengono ? - diceva tra sé; e si fermava incuriosi~o sull'orlo della strada maestra, dalla parte dei campi, col mezzo sigaro in bocca e i due piccoli occhi rivolti in su verso le nuvole, come se da quella parte soltanto fossero potuti venire. - Dalla città, no, che è troppo lontana; d_allecase del monte nemmeno, che in ogni modo son poc~e. Da _dove diavolo vengono? - ». Questa sospensione trasognata è ,'~1 tut.to il racco_nto: nasce dal mi~teriòso, ma _si mantiene per virtù d md ug10, determmando essa medeslma tanta ricchezza e minuzia di particolari, onde il realismo, l'evidenza da cosa vista. Lo stesso ca,rattere, di sogno ad occhi aperti, ha la terza delle Tre BibliotecaGino Bianco
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