Pègaso - anno IV - n. 4 - aprile 1932
486 M. Castelnuovo-Tedesco stume della nostra commedia delFarte; ma i versi che lo sostituiscono non mi sembrano molto migliori, e per essere troppo spesso ricalcati sui luoghi comuni del melodramma ottocentesco sono proprio come quei per– sonaggi che giungono nel 2° atto « coperti, - dice il libretto, - di glo– riosissima polvere»; francamente a,vrei preferito che due artisti della tempra di Casella e di Ludovici aves,sero la,sciato al passato e le glorie e la polvere, creando espressioni più ,schiette ed immediate. Come han sa– puto fare del resto in quelle scene che essi stessi hanno aggiunte e che sono, come dicevo, fra lè più felici dell'opera. Prendiamo ad esempio la poetica chiusa del 2" atto. Quando il Visir Togrùl, che assume questa volta il tono assorto e paterno del vecchio Arkel nel Pelléas maeter– linekiano, :si rivolge ai due bimbi che cercano invano la loro mamma: La mamma in un nembo di fiori è partita. Ritornerà. Parole ·semplici eppure toccanti. Prendiamo anc6ra il lamento di, Miranda, che relegata sopra una rupe del Caucaso, dopo la meta,J?or– fosi, geme la :sua tristezza, confortata da voci amiche di spiriti, un poco come Prometeo incatenato : qui la poesia raggiunge un tono di sobria ed· austera compostezza e 1a musica esprime mirabilmente J.!n senso di profonda, desolata (quasi direi leopardiana) ~alinconia. Fra tanto pul– lulare di fantasmagoriche incongruenze ed imma,giai barocche non sono, forse le situazioni più semplici e le parole più umane che risultano ane6ra le più sorprendenti? ... A me così sembra. Per la parte musicale Casella ha dichia,rato, come ho già accennato, di aver voluto « restituire al cantante quella parte preponderante che fu cura dei compositori post-wagneriani di contesta.re quanto possibile» (affermazione che mi sembra discutibile, almeno per quantò riguardà l'opera italiana che dei diritti del cantante è sempre stata.ossequente). Difatti la linea vocale ha in quest'opera una notevole ampiezza, e riesce quasi ,sempre ad emergere, in virtù di un giudizioso equilibrio·, sull'orchestra pur così animata e sonora; è ricca di snodature, varia di ac,centi, e i cantanti vi sfoggiano vocalizzi e note acute. Ma che cos'è «canto» ? Rileggevo dianzi le belle pagine che Ildebrando Piz– zetti ha pubblicato nei suoi Intermezzi cr'[tici su quest'argomento e non a difesa, si badi bene, della sua diletta tesi sul « dramma i:iu. skale », ma a· proposito del più puro melodramma italiano, quello di Vincenzo Bellini. Dopo aver notato come non tutta la musica scritta per le voci a,bbia caratteri intrinseci di vocalità, dopo aver specificato come canto non sia soltanto linea, disegno; arabesco sonoro, Pizzetti con– clude: « Vocalità, canto è una qualità tutta interiore dell'espressione musicale: è emozione, umanità, e dunque, implicitamente essenzialità. - La beHezza di un disegno sonoro .... è soprattutto nella li~ea stessa ed . . ' è una bellezza ehe, per così dire, ' ,si vede' ; la bellezza del eanto puro . del canto veramente vocale è nello spirito e nel perché della cosa, ed è una bellezza ehe 'si sente'>>. E più oltre: « T'anto il carattere di canto di vocalità, è indipendente dalla estensione e costruzione arc.hitettonic~ di un'espressione musicale, che si può benissimo trovare più canto in un frammento di cosiddetto recitativo eh~ in una lunga aria di cento_ bat~ BibliotecaGino Bianco
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